Guerra, Mef: «Il reddito medio delle donne il 59,5% degli uomini. Il 73% delle dimissioni volontarie riguardano le lavoratrici»

Guerra, Mef: «Il reddito medio delle donne il 59,5% degli uomini. Il 73% delle dimissioni volontarie riguardano le lavoratrici»
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Martedì 20 Ottobre 2020, 17:51 - Ultimo aggiornamento: 18:02

Allarme gender gap: in Italia le dimissioni volontarie dal lavoro interessano il 73% delle donne. È quanto emerge dai dati forniti durante l'audizione del sottosegretario al Mef Maria Cecilia Guerra davanti alle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato. Nel quadro delle disparità di genere risultano «molto allarmanti», afferma, «i dati dell'Ispettorato nazionale del lavoro sulle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri che, oltre ad un continuo aumento dal 2011, ci segnalano, anche per il 2019, un fortissimo divario di genere: le dimissioni volontarie coinvolgono le madri nel 73% dei casi». Si tratta «per lo più di donne giovani, con poca anzianità di lavoro, occupate prevalentemente nel terziario, con qualifiche basse. La motivazione più ricorrente (almeno un terzo dei casi) è l'impossibilità di conciliare l'occupazione con il lavoro di cura, soprattutto in assenza di reti familiari di supporto», spiega Guerra, snocciolando i dati sui servizi socio-educativi per l'infanzia in Italia.

Recovery Fund

La percentuale di bambini con meno di tre anni presi in carico da parte di asili nido pubblici raggiunge il 12,5% nel 2017 e ancora più bassa è quella relativa ai servizi integrativi per la prima infanzia (1%). Forti disparità restano di conseguenza anche in termini di reddito, accesso al lavoro rendendo le donne più vulnerabili e dunque esposte alla violenza. Da qui la necessità che i piani nazionali di ripresa e resilienza collegati alle risorse del Recovery Fund includano il più possibile valutazioni degli impatti di genere, accanto a quelli già previsti per la transizione ecologica e la trasformazione digitale. «Questa scelta dovrebbe favorire la costruzione di indicatori disaggregati di genere, da utilizzare, anche in futuro, nella valutazione sia ex ante che ex post di tutte le politiche pubbliche. Si tratta - ha concluso Guerra - di una operazione propedeutica all'obiettivo, più generale, di fare sì che gli obiettivi dell'uguaglianza di genere siano presi in carico in tutti gli interventi settoriali e a tutti i livelli di governo, compresi quelli che, a differenza di quelli considerati nel bilancio di genere, non determinano oneri aggiuntivi per il bilancio pubblico», conclude.

Il reddito

Il reddito medio delle donne rappresenta circa il 59,5% di quello degli uomini a livello complessivo. La diversità dei redditi si riflette anche nel gettito fiscale con una minore aliquota media per le donne, con l'unica eccezione del più basso decimo di reddito, emerge ancora dalla relazione sul bilancio di genere del Mef illustrata in audizione alle Commissioni Bilancio di Senato e Camera dalla sottosegretaria all'economia, Cecilia Guerra. «Queste evidenze sulle disuguaglianze di genere nei redditi, quando non derivanti da vere e proprie discriminazioni sul mercato del lavoro a scapito delle donne, sono in larga parte il riflesso della "specializzazione" di genere tra lavoro retribuito e non retribuito, in virtù della quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità e orari», ha spiegato Guerra.

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