Nikki Erlick, scrittrice bestseller: «Ecco i fili invisibili che legano le nostre vite»

Parla la scrittrice americana

Nikki Erlick, scrittrice bestseller: «Ecco i fili invisibili che legano le nostre vite»
di Francesco Musolino
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Lunedì 20 Marzo 2023, 11:56

Un bel giorno, ai quattro angoli del mondo, tutti coloro che avevano compiuto ventidue anni, ricevettero sull'uscio di casa una scatola con inciso il proprio nome sopra. Dentro, c'era un pezzo di filo e un messaggio: contiene la misura della tua vita. E fu l'inizio del caos, all'insegna del mito greco delle Tre Parche. Comincia così Il filo della tua storia, il romanzo distopico che uscirà martedì, edito da Longanesi (pp.400 18,60 tr. Katia Bagnoli), balzato subito in cima alle classifiche internazionali, un bestseller destinato a diventare presto una serie tv. Lo firma l'esordiente statunitense Nikki Erlick (classe 1994) che rivela di averlo iniziato «prima della pandemia, proseguendo a scrivere in isolamento, dopo aver perso il lavoro». Erlick mette in pagina le vite di diversi personaggi e le scelte compiute, spezzando amori e incrociando destini, «del resto, gli ultimi anni che abbiamo attraversato ci hanno fatto meditare: stiamo vivendo la vita dei nostri sogni? E se avessimo una chance, cosa cambiare?».


Nikki, com'è nato questo libro?
«Mi sono sempre chiesta, quanto controllo abbiamo sulla nostra vita? Penso che le storie ci aiutino a comprendere la complessità della vita e mi sono ricordata dell'antica visione greca del destino. Ero affascinata dalle figure delle Tre Parche, che avevano l'immenso potere di far girare i fili della vita sul loro fuso, misurando la quantità di tempo che ognuno di noi avrebbe ricevuto in dono. Ma se avessimo potuto sapere prima quanto sarebbe durata la nostra vita, avremmo fatto scelte diverse? Ecco, parte tutto da qui».


Non tutti hanno il coraggio di aprire la scatola. Perché?
«Una scelta che richiama il vaso di Pandora. C'è chi ha il coraggio di aprirla e chi preferisce continuare ad affidarsi al caso. La grande domanda è, riusciremmo a resistere alla tentazione di guardare?»

E lei?
«Me lo sono chiesto, ovviamente. E ho cambiato idea tante volte. Onestamente, credo che sceglierei di non aprirla in questo momento della mia vita, perché sono già molto fortunata a vivere il mio sogno di scrittrice e non intendo cambiare strada!».


La trama assume presto sfumature distopiche nella società contemporanea. Da un lato chi ha ricevuto un filo lungo, dall'altro chi l'ha trovato corto e si sente arrabbiato e sconfortato. Una metafora perfetta per i nostri tempi, tra l'1% che detiene la ricchezza del mondo e chi non ha nulla da perdere?
«So che molti lettori hanno una visione allegorica di questa storia riferendosi alle grandi questioni globali e io volevo che la mia storia fosse aperta all'interpretazione individuale».


Ma lei cosa ne pensa?
«Credo che gli esseri umani abbiano sempre trovato il modo di dividersi, di trattare chi è diverso da noi come "l'altro" e di considerare quasi tutte le questioni della società come un conflitto all'insegna del "noi contro loro". Ecco, detesto il tribalismo e l'ingiustizia sociale che serpeggia nella nostra società».


Siamo senza speranza?
«Se perdessimo la speranza sarebbe finita.

Al contrario, l'empatia e l'amore sono forze più grandi dell'odio e della paura. Scrivendo durante la pandemia, pur se in isolamento, ho capito che siamo tutti connessi e abbiamo la capacità di toccare le vite degli altri».


Seguiamo le storie di diversi personaggi - Nina, Maura, Ben, Hank fra storie d'amore e carriera ma l'arrivo delle scatole cambia tutto. Perché?
«Perché il nostro vero carattere si rivela nei momenti di grande cambiamento. Con questa storia volevo esplorare il modo in cui gli esseri umani reagiscono alle cose che non possiamo spiegare e che non possiamo controllare».


La pandemia è stata una rivelazione, in tal senso?
«Assolutamente. Il Covid-19 ha fatto emergere i lati migliori e peggiori delle persone. Abbiamo visto gesti di solidarietà sospinti dalla compassione e momenti di grande egoismo aizzati dal pregiudizio. Ogni crisi, storicamente, strappa il sipario e rivela chi siamo, intimamente, ponendoci davanti a scelte cruciali».


Amie sceglie prudentemente di non aprire la scatola, preferendo non sapere. Perché?
«Credo che ci siano cose nella vita sulle quali semplicemente non abbiamo alcun controllo e che parte della nostra sfida, come esseri umani, sia quella di imparare ad accettare le cose che non possiamo controllare».


Crede che ci sia spazio per il caso e il libero arbitrio?
«Credo sia difficile accettare una zona d'ombra che incombe sulla nostra vita in cui non abbiamo alcun margine di manovra. Per questo cerco di trovare conforto, concentrandomi sulle cose che possiamo controllare».


Ovvero?
«Il modo in cui trattiamo noi stessi, il modo in cui trattiamo gli altri, il modo in cui scegliamo di amare ed essere amati. E ovviamente, l'eredità che speriamo di lasciare in dono. Vivere al massimo la propria vita significa qualcosa di diverso per ogni personaggio di questo libro e sicuramente, significherà qualcosa di diverso per ogni lettore».

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