Il giro del mondo in 80 giochi: ecco le regole matematiche per non perdere mai

Il giro del mondo in 80 giochi: ecco le regole matematiche per non perdere mai
di Riccardo De Palo
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Giovedì 2 Novembre 2023, 13:08 - Ultimo aggiornamento: 3 Novembre, 00:45

«Go sta agli scacchi come la filosofia sta alla contabilità a partita doppia», scrive l'autore americano Trevanian a proposito di questi giochi, inventati rispettivamente in Cina e in India, nella notte dei tempi. E che dire dello Shanghai, che non consiste soltanto nel raccogliere bastoncini in precario equilibrio tra loro, ma deriva dall'I Ching, ovvero dall'antica arte della divinazione? E qual è la formula per la "smazzata" perfetta, per avere successo nel bridge? Ad accompagnarci in questo Giro del mondo in 80 giochi (pubblicato da Rizzoli) è un celebre matematico, con cattedra a Oxford, Marcus du Sautoy, che ispirandosi a Jules Verne racconta in maniera avvincente le specialità ludiche di ogni epoca e paese, partendo da invenzioni antiche come il backgammon e il Gioco Reale di Ur praticato in Mesopotamia, le cui tavole ancora oggi appaiono misteriose, quando le si ammira al British Museum. Si arriva fino a titoli moderni, tra tutti Dungeons & Dragons, e giochi che hanno segnato gli albori dei videogame, come Prince of Persia, che - confessa l'autore - ha sottratto tanto tempo al suo dottorato. «Questo libro - scrive du Sautoy - è una celebrazione della matematica che nuota seducente appena sotto la superficie di molti dei giochi che amo».

Quando i giochi imitano la guerra

Alcuni imitano la guerra. È certamente il caso degli scacchi, ma anche di Risiko, della battaglia navale, dell'Attaque, e anche del Ludus latrunculorum degli antichi romani, con pedine denominate calculi: veniva giocato su griglie di dimensioni variabili, e con un certo numero di pietre che simulava il combattimento tra gli eserciti.

Ma perché - si chiede l'autore - la guerra e il gioco hanno così tante cose in comune? Qualcuno ipotizza che questi intrattenimenti offrano «uno spazio sicuro dove mettere alla prova le strategie», e quindi anche «affinare la mente di un condottiero aiutandolo a comprendere le conseguenze di determinate mosse sul campo». Il gioco della palla dei Maya è considerato una sorta di alternativa alla guerra, in cui poteva scapparci il morto tra i contendenti. Lo stesso mazzo di carte, secondo alcuni, è una sorta di "versione portatile" degli scacchi, ispirati alle grandi battaglie.

Fatto sta che ci sono giochi che necessitano di memoria veramente prodigiosa, come appunto gli scacchi, in cui le aperture hanno un'importanza cruciale: il vero maestro è chi riesce a padroneggiare tutte le 1327 differenti variazioni della prima mossa. «Negli scacchi vince la mente più acuta». Una partita rimasta celebre (anzi, oggi viene ricordata come "immortale") è quella giocata il 21 giugno 1851 a Londra da Adolf Anderssen e Lionel Kieseritzky, in cui il primo riuscì a vincere grazie a un'apertura "suicida" e al sacrificio dei suoi pezzi.

La matematica è dalla parte dei casinò

Il capitolo dedicato all'America si dilunga sul concetto di casinò, e quindi «sulla consapevolezza di come la matematica possa dare un vantaggio nell'ambito dei giochi di fortuna».

Sono state le scoperte di Pierre de Fermat e Blaise Pascal, nella seconda metà del XVII secolo, a permettere la fortuna di questa invenzione moderna. Senza la loro analisi matematica del lancio di un dado, infatti, non sarebbe stato possibile impostare i giochi in modo tale che, «anche se di tanto in tanto potranno perdere con qualche scommettitore», sarà sempre il banco ad avere la meglio sul lungo periodo. Du Sautoy spiega, con apposite formule, non tanto se il frequentatore di casinò vincerà, ma piuttosto quanto tempo impiegherà a perdere i propri soldi. Sempre meglio esser consapevoli «dei pericoli matematici della crescita esponenziale», avverte l'autore.

Altro che "Stranger Things"

Molto meglio giocare per divertirsi o, come nel caso di Dungeons & Dragons, realizzare la propria fantasia di trovarsi in una storia di Tolkien, con dadi e tante regole, uno di quei giochi aperti o infiniti dove il compito è far sì che la storia vada avanti: «Ci sarà anche un drago a guardia di un tesoro la cui conquista equivale a raggiungere il successo nella missione», scrive l'autore, ma in definitiva l'«atmosfera è più simile a quella di un romanzo». Si tratta di un gioco molto popolare negli anni Ottanta, che i creatori di Stranger Things hanno utilizzato per dare alla loro serie un sapore vintage.


Tra i giochi prediletti negli Usa figura anche il Monopoly, la cui originalità consiste anche nel modo in cui i giocatori possono prendere possesso delle caselle del tabellone, «introducendo nel mondo dei giovani una sensibilità spiccatamente capitalistica». Ma anche in questo gioco, c'è una formula matematica che calcola le probabilità di successo. E quindi, per calcolare le chance di andare ad approdare a vicolo Stretto o di finire sulla casella degli Imprevisti, basta consultare una tabella apposita (semplificando: se ci sono sei modi in cui un dado può cadere, due dadi potranno cadere in 6x6=36 modi differenti; e poiché ci sono sei modi per ottenere un punteggio di sette, è proprio sette il punteggio più probabile).


Ma in definitiva, perché giochiamo? L'autore cita l'antropologo francese Roger Caillois (1913-1978), che definiva il gioco «un'occasione di puro spreco di tempo, di energia, di abilità, di ingegnosità e anche di denaro», e che identificava sei tratti chiave: libertà, separazione, incertezza, improduttività, regole e immaginazione.

Una volta chiuso il libro, sarà inevitabile domandarsi, di fronte ai pezzi del domino, gioco già noto in Cina ai tempi di Marco Polo, le mosse per creare una sorta di serpente sul tavolo. E potrebbe tornare utile calcolare il numero delle tessere disponibili, qualora, avverte du Sautoy, ci venisse il dubbio che qualcuna sia finita dietro il divano.

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