Gabriele Guidi racconta il mistero di Mimara nel suo primo libro: «Era come Lupin, un ladro gentiluomo»

E' il primo libro di Gabriele Guidi, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, figlio di Johnny Dorelli e Catherine Spaak

Il regista, sceneggiatore e produttore cinematografico Gabriele Guidi, 53 anni
di Tiziana Panettieri
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Giovedì 18 Gennaio 2024, 19:47

Tra le figure più misteriose e criptiche del Novecento c’è sicuramente Ante Topic Mimara. Molti non conosceranno neanche il suo nome, si sa poco di lui e per questo è impossibile delineare un quadro soddisfacente su quest’uomo di origine croata dall’indubbio fascino e ingegno. Mercante, collezionista d’arte, filantropo, ma anche falsario, ladro di opere e ora protagonista del romanzo d’esordio di Gabriele Guidi, 53 anni, figlio d’arte (suo padre è il cantante Johnny Dorelli, sua madre l'attrice Catherine Spaak), regista, sceneggiatore e produttore cinematografico. “Mimara. Exegi Monumentum”, edito da Ovepossibile, è già disponibile nelle librerie dal 1° dicembre.

Conosceva la figura di Mimara?

Confesso di no, mi ci sono imbattuto per caso. Stavo scrivendo la sceneggiatura del mio primo film, “Terezìn” ed ero immerso tra le mille storie della Seconda guerra mondiale. Non mi stupisco che non si conosca, ma è un personaggio davvero interessante. Negli Anni ’20 ha vissuto anche in Italia incontrando diversi artisti tra cui il pittore Antonio Mancini. Chissà, magari è il nostro paese ad aver acceso in lui la scintilla artistica.

Su “Terezìn” ci ritorneremo. Da dove è partita la sua ricerca per il libro?

Mentre lavoravo al computer sono incappato nella storia di un carabiniere che a Bologna, durante una mostra d’arte, trovandosi di fronte a una tela del Mantegna, era rimasto perplesso perché convinto d’averlo già visto. Più tardi ha scoperto che si trattava di un quadro che Mimara aveva sottratto ai Monuments Men, la task force di professionisti dell’arte che durante il secondo conflitto mondiale si occupava di salvaguardare beni culturali e opere dai nazisti. Ogni tanto in giro per il mondo spuntano opere con cui ha avuto a che fare, si può dire che ne ha combinate parecchie.

 Per le gesta ricorda un po’ Arsenio Lupin.

Sono d’accordo, entrambi sono ladri gentiluomini, solo che Mimara è realmente esistito, Lupin è un personaggio di fantasia. Non tutto ciò che ha fatto è lecito, ma non ha mai ucciso nessuno.

Quanto tempo ha impiegato per raccogliere sufficiente materiale?

Molto, cinque anni. È difficile ricostruirne la vita, a volte spunta qua e là come un fungo tra articoli, reportage, documenti, alcuni dei quali desecretati. Con i miei collaboratori abbiamo tradotto dal croato la sua semiautobiografia del 1987, l’unica esistente, di cui però lui stesso ha messo in dubbio ogni pagina. Non si sa neanche se Ante Topic era il suo vero nome, quel che è certo è che si è attribuito il cognome Mimara da solo.

Tra le sue amicizie figurano Herman Gӧring, luogotenente di Hitler, e il dittatore jugoslavo Tito. Era schierato politicamente?

Non ha mai coltivato simpatie naziste né si è mai iscritto al partito, anzi era lontano da qualsiasi orientamento politico. Diventò famoso perché una rivista dell’epoca parlava di lui. Gӧring cercava studiosi a cui dare l’incarico di reperire opere d’arte importanti per la Germania, ma Mimara era disgustato da lui sia da un punto di vista fisico che intellettuale. Odiava il suo definirsi esperto d’arte. Ha solo beneficiato della sua conoscenza e quando ha capito che la Germania avrebbe perso la guerra ha fatto le valigie e si è trasferito in Francia. Per quanto riguarda Tito io sono convinto che la loro conoscenza era ben più profonda di quanto si sa al momento. È l’unica spiegazione al fatto che molte opere da lui trafugate sono ancora oggi conservate nei territori dell’ex Jugoslavia, tra Serbia e Croazia.

Cosa l’ha colpita maggiormente?

Ammetto che è stata una sorpresa continua.

Un uomo che indossando un falsa uniforme jugoslava riesce a organizzare un trasferimento in treno di più di 150 opere d’arte per poi sparire nel nulla non può che sorprendere. Anche un altro episodio è stato interessante da scoprire. Thomas Hoving, ex direttore del reparto di arte medievale del Metropolitan di New York ha scritto un libro, poi diventato best seller, sul suo rapporto con Mimara. Hoving acquistò da lui per conto del museo una croce d’avorio di cui non si è mai saputa la provenienza.

Il mistero attorno alla figura di Mimara quando sarà risolto?

Quando alcuni documenti della Seconda guerra mondiale verranno desecretati da parte dell’ex Jugoslavia si riuscirà a far luce su alcuni passaggi della vita di Mimara. Sono sicuro che quel momento arriverà.

Ha già trovato la storia per il suo secondo libro?

Non ancora. Sono attratto dalle storie che nessuno conosce, quelle originali. Ce ne sono sicuramente altre, ma per approfondirle e capirne la forza serve del tempo.

Immagino sia successo questo con “Terezìn” il suo primo film da regista.

Proprio così. Ero in tour con le orchestre sinfoniche italiane insieme al maestro Proietti e sentivo gli orchestrali fare riferimento molto spesso a Terezìn come un luogo importante per loro e la musica. Facendo le mie ricerche ho scoperto che lì è accaduto qualcosa di straordinario. Era una città fortificata, a 80 km a nord di Praga, e i nazisti rinchiudevano lì tutti gli artisti d’Europa che, nonostante la prigionia, continuavano a fare arte.

Una storia mai raccontata al cinema. Quanta responsabilità ha sentito?

Molta, ma non perché è stato il mio film d’esordio dietro la macchina da presa, sono un produttore e sono abituato ai set, ma per il tema sì. Non è un film sull’Olocausto, ho raccontato dell’arte come strumento di sopravvivenza. Il prossimo 27 gennaio sarà disponibile su Paramount+, scelto per il Giorno della Memoria, mentre tra febbraio e marzo uscirà negli Stati Uniti.

Quindi “Terezìn” ha ancora una lunga strada davanti a sé.

Lunga e strana direi. Una volta si badava solo agli incassi del box office, ora la vita di un film è diversa. Esce in sala, poi diventa disponibile on demand e sulle varie piattaforme, ma al contempo inizia una sua personale strada tra vendita e distribuzione in vari paesi. Oltre all’America, anche il Canada l’ha acquistato e persino la Cina. Rimarrà nel tempo e a tal proposito mi piace ricordare ciò che mi ha detto Emanuele Frusi, il compositore delle musiche del film: “Che piaccia o meno, che soddisfi le aspettative o meno, noi comunque lo abbiamo fatto”.

Da produttore invece a cosa sta lavorando?

Alla serie su Oriana Fallaci con protagonista Miriam Leone, molto impegnativa, e a un documentario su Bernardo Bertolucci con il contributo di registi, sceneggiatori e amici che l’hanno conosciuto.

Mimara era un uomo dalle mille vite, ma anche lei non è da meno. Produttore, regista, sceneggiatore e ora anche scrittore: quale veste le si addice di più?

Decisamente quella dello scrittore in tutte le sue forme. “Terezìn” l’ho anche scritto oltre che dirigerlo e non farei un altro film senza firmarne la sceneggiatura. Mancherebbe la magia. 

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