Ciclismo, Giorgia Fraiegari e il sogno delle Olimpiadi di Tokyo 2020

Giorgia Fraiegari in redazione al Messaggero
di Giovanni Del Giaccio
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Mercoledì 29 Agosto 2018, 09:28 - Ultimo aggiornamento: 17:42
 Datele due ruote, al resto ci pensa lei. Che sia strada o pista, ciclocross o mountain bike, Giorgia Fraiegari pedala e vince. Con un obiettivo chiaro in testa: le Olimpiadi di Tokyo 2020. «Se pista o strada vedremo, ci sono troppe variabili, ma prima occorre arrivarci... Magari tra due anni vado meglio in salita, chissà». Un sogno? Non è detto, anzi... Intanto la ragazza nata ad Aprilia ma di Latina a tutti gli effetti, 23 anni compiuti il 18 luglio, studentessa - neanche a dirlo - di Scienze motorie al San Raffaele di Roma - si gode il titolo mondiale vinto il 13 maggio a Berlino nella specialità Fixed. È una bicicletta a scatto fisso, con un solo rapporto, usata su pista e da qualche tempo anche per gare in strada. Una disciplina per la quale Giorgia è tesserata con la Cykeln di Prato, in Toscana. Per le gare su strada classiche, invece, indossa la maglia della Born to Win di Loreto, nelle Marche. «In ambito femminile la strada non è il massimo - dice Giorgia - anche se Tour e Giro d'Italia hanno sempre il loro fascino, anzi il Giro è più duro, ma le possibilità di sponsorizzazioni e la visibilità per le donne non sono il massimo».
GLI INIZI
Ma come nasce questa passione? Buon sangue, si dice, non mente. E così Giorgia segue il papà Massimiliano, poliziotto in servizio alla Questura di Latina, ciclista amatoriale e grande appassionato. Buon sangue non mente, tanto che al contrario di tutti i bambini per Giorgia non c'è mai stato bisogno delle rotelle: ha imparato a pedalare subito. «Diciamo che all'inizio non è che mi piacesse la bici, ho fatto ginnastica ritmica, nuoto, karate e pattinaggio in linea, poi è a 14 anni ho iniziato con ciclocross e mountain byke e da allora non ho più smesso». Inizialmente a gareggiare su strada non ci pensava, poi ha cambiato idea, ha gareggiato due anni a Bergamo, nel 2017 è stata in Toscana con la Giusfredi Bianchi, quindi la scelta di provare il Fixed.
«Sembra un gran premio di moto Gp - dice Giorgia - si gareggia su circuiti cittadini, i mondiali invece erano in linea. È un clima totalmente diverso, quando competi in strada avverti tensione intorno, qui il clima è sempre di festa».
LA CONQUISTA
Come a Berlino, dove 80 ragazze si sfidavano per il titolo mondiale, 42 chilometri tra dire io c'ero e la vittoria. «Per metà siamo state in gruppo, quando mancavano 19 chilometri ho provato ad attaccare due-tre volte, siamo rimaste una decina, alla fine in tre. C'era vento forte, a 400 metri ho lanciato la volate e ho vinto. Una felicità incredibile». Sorride, gesticola, disegna con le mani salite - come quella di Campo Catino, dove va ad allenarsi - e percorsi pianeggianti, come potrebbe essere quello di una pista. «Vedremo» - ripete. Ad allenarla c'è Paolo Tedeschi, il ct della Nazionale che le ha messo ovviamente gli occhi addosso è Eduardo Salvoldi. Quando si parla di Fixed la curiosità è tanta. Non ci sono freni, come si fa a fermarsi? «Contropedali, certo se cadi è dura, ma è questione di allenamento. La strada è più pericolosa, però, c'è meno attenzione, mentre nel Fixed tutti sanno che non avendo freni va fatta maggiore attenzione».
LA PREPARAZIONE
C'è papà a seguirla, mentre mamma Patrizia - origini tedesche - è la assistente ideale. In provincia per allenarsi si va a Bassiano, ma Giorgia fa base a Paliano (Frosinone) e da lì sale a Campo Catino. In stagione dopo la gara domenicale si fa una sgambata il lunedì, poi 120-160 chilometri ma anche 3-4 ore con esercizi o dietro macchina a inseguire il padre. All'occorrenza ci sono anche corsa, nuoto e palestra.
I ciclisti di riferimento? Il primo nome è quello di Marianne Vos, campionessa olandese «diversa dalle altre, ha vinto tanto ed è rimasta umile, è una caratteristica che ti fa campione, in gara fra l'altro è una delle più rispettose». Per gli uomini, escluso papà Massimiliano che cita per primo - c'è lo slovacco Peter Sagan «un bel personaggio, oltre i risultati che ha conseguito». La salita più impegnativa finora? «La cronoscalata di Porto Sant'Elpidio, al giro d'Italia. Alcuni sono scesi e andati a piedi».
Per adesso la concentrazione è tutta su studio e ciclismo, ragazzi intorno ne sono girati «Ma per chi ha un impegno come me con il ciclismo, è complicato avere relazioni, chi non è sportivo difficilmente capisce che il sabato sera non puoi uscire perché il giorno dopo hai la gara, poi gli allenamenti e tutto il resto, deve prendere il pacchetto completo e accettare come sei. Per adesso nulla, ma non ho fretta». A tavola mangia di tutto, non ha grandi restrizioni e in gara vale sempre il vecchio adagio «ogni 20 minuti bevi e ogni 40 mangia». Se i risultati sono questi, va benissimo così. «Tokyo? Speriamo. Farò di tutto per andarci, le Olimpiadi sarebbero il massimo». Datele due ruote e...
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