GLI INIZI
Ma come nasce questa passione? Buon sangue, si dice, non mente. E così Giorgia segue il papà Massimiliano, poliziotto in servizio alla Questura di Latina, ciclista amatoriale e grande appassionato. Buon sangue non mente, tanto che al contrario di tutti i bambini per Giorgia non c'è mai stato bisogno delle rotelle: ha imparato a pedalare subito. «Diciamo che all'inizio non è che mi piacesse la bici, ho fatto ginnastica ritmica, nuoto, karate e pattinaggio in linea, poi è a 14 anni ho iniziato con ciclocross e mountain byke e da allora non ho più smesso». Inizialmente a gareggiare su strada non ci pensava, poi ha cambiato idea, ha gareggiato due anni a Bergamo, nel 2017 è stata in Toscana con la Giusfredi Bianchi, quindi la scelta di provare il Fixed.
«Sembra un gran premio di moto Gp - dice Giorgia - si gareggia su circuiti cittadini, i mondiali invece erano in linea. È un clima totalmente diverso, quando competi in strada avverti tensione intorno, qui il clima è sempre di festa».
LA CONQUISTA
Come a Berlino, dove 80 ragazze si sfidavano per il titolo mondiale, 42 chilometri tra dire io c'ero e la vittoria. «Per metà siamo state in gruppo, quando mancavano 19 chilometri ho provato ad attaccare due-tre volte, siamo rimaste una decina, alla fine in tre. C'era vento forte, a 400 metri ho lanciato la volate e ho vinto. Una felicità incredibile». Sorride, gesticola, disegna con le mani salite - come quella di Campo Catino, dove va ad allenarsi - e percorsi pianeggianti, come potrebbe essere quello di una pista. «Vedremo» - ripete. Ad allenarla c'è Paolo Tedeschi, il ct della Nazionale che le ha messo ovviamente gli occhi addosso è Eduardo Salvoldi. Quando si parla di Fixed la curiosità è tanta. Non ci sono freni, come si fa a fermarsi? «Contropedali, certo se cadi è dura, ma è questione di allenamento. La strada è più pericolosa, però, c'è meno attenzione, mentre nel Fixed tutti sanno che non avendo freni va fatta maggiore attenzione».
LA PREPARAZIONE
C'è papà a seguirla, mentre mamma Patrizia - origini tedesche - è la assistente ideale. In provincia per allenarsi si va a Bassiano, ma Giorgia fa base a Paliano (Frosinone) e da lì sale a Campo Catino. In stagione dopo la gara domenicale si fa una sgambata il lunedì, poi 120-160 chilometri ma anche 3-4 ore con esercizi o dietro macchina a inseguire il padre. All'occorrenza ci sono anche corsa, nuoto e palestra.
I ciclisti di riferimento? Il primo nome è quello di Marianne Vos, campionessa olandese «diversa dalle altre, ha vinto tanto ed è rimasta umile, è una caratteristica che ti fa campione, in gara fra l'altro è una delle più rispettose». Per gli uomini, escluso papà Massimiliano che cita per primo - c'è lo slovacco Peter Sagan «un bel personaggio, oltre i risultati che ha conseguito». La salita più impegnativa finora? «La cronoscalata di Porto Sant'Elpidio, al giro d'Italia. Alcuni sono scesi e andati a piedi».
Per adesso la concentrazione è tutta su studio e ciclismo, ragazzi intorno ne sono girati «Ma per chi ha un impegno come me con il ciclismo, è complicato avere relazioni, chi non è sportivo difficilmente capisce che il sabato sera non puoi uscire perché il giorno dopo hai la gara, poi gli allenamenti e tutto il resto, deve prendere il pacchetto completo e accettare come sei. Per adesso nulla, ma non ho fretta». A tavola mangia di tutto, non ha grandi restrizioni e in gara vale sempre il vecchio adagio «ogni 20 minuti bevi e ogni 40 mangia». Se i risultati sono questi, va benissimo così. «Tokyo? Speriamo. Farò di tutto per andarci, le Olimpiadi sarebbero il massimo». Datele due ruote e...
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