Slitta ancora l'udienza in Pakistan per l'estradizione in Italia del padre di Saman Abbas, la 18enne trovata morta nei boschi di Novellara, per il cui omicidio sono accusati cinque suoi familiari (madre, padre, zio e due cugini) nel processo iniziato lo scorso 10 febbraio a Reggio Emilia.
Shabbar Abbas, padre della vittima, al momento si trova in custodia cautelare a Islamabad. Oggi al tribunale del capoluogo pachistano erano presenti il pubblico ministero e l'avvocato difensore di Abbas, Akhtar Mahmood. Quest'ultimo ha chiesto la convocazione del funzionario del ministero dell'interno pachistano che ha istruito il fascicolo per esaminare, in la documentazione contraddittorio. La Corte ha emesso l'ordine di convocazione e l'udienza è stata fissata il prossimo 23 febbraio. La decisione finale è stata quindi rimandata in quella data, salvo ulteriori rinvii.
L'ultimo slittamento del processo di estradizione nei confronti di Shabbar ha convinto il ministro della giustizia Carlo Nordio a firmare la rogatoria - già trasmessa dal Guardasigilli alle autorità pachistane - per richiedere con urgenza che venga organizzata la partecipazione da remoto di Shabbar alle prossime udienze del processo a suo carico che si sta svolgendo in Italia, tramite un collegamento video, per permettere all'imputato di comparire davanti al giudice (come stabilito dalla legge italiana).
La difesa di Shabbar: «Saman uccisa dal fidanzato o dalla comunità italiana, famiglia innocente»
«La ragazza è stata rapita e uccisa. I genitori non c'entrano nulla e neanche il resto della famiglia. È stato incolpatolo zio, ma al momento né noi né voi possiamo dire cosa sia successo realmente. Per noi i colpevoli sono il fidanzato di Saman o qualcuno della comunità italiana». Queste le parole del legale di Shabbar rilasciate a un'intervista a Quarto Grado la scorsa settimana.
«Saman aveva detto ai genitori: 'andate in Pakistan e io vi raggiungerò là…'. È stata rapita! Lo Stato italiano ha forzato Saman a finire la scuola ed è stata portata in questa comunità, dove non si sapeva che tipo di persone ci fossero. Ripeto: si punta il dito contro la famiglia senza avere prove», ha sostenuto ancora l'avvocato.
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Quanto agli audio inviati da Saman che dimostravano la paura della ragazza, l'avvocato ha detto che questi «non sono vere prove... - aggiungendo che - il fidanzato ha detto che Saman non aveva il telefono. Forse lui stesso ha voluto far uccidere la fidanzata. Bisognerebbe indagare anche sul suo conto. Se Saman non aveva il telefono, come sono stati inviati quei vocali?».
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