Tutti sapevano che quel cavalcavia è pericoloso: il guardrail è inadeguato, non rispetta le norme attuali. E sono trascorsi cinque anni da quando la giunta decide la ristrutturazione, quattro da quando viene approvato il progetto esecutivo. Non si trovavano i fondi. Il cantiere alla fine è stato aperto, ma solo un mese fa. Troppo tardi per salvare le vite dei 21 passeggeri del bus morti martedì sera. Eppure, la relazione del progetto esecutivo di ristrutturazione, datato 2019, diceva chiaramente: «Il viadotto Cavalcavia Superiore di Marghera è stato completato alla fine degli anni 60 e non è stato oggetto di interventi di manutenzione straordinaria e rinforzo strutturale successivi alla sua realizzazione. Tale circostanza, unita all’incremento dei carichi da traffico, all’aumento delle velocità di percorrenza, all’effetto degli agenti aggressivi esterni e alle modifiche delle normative di riferimento ha imposto la valutazione della sicurezza statica e funzionale del manufatto». Tra gli interventi ritenuti necessari c’è proprio «l’adeguamento normativo delle barriere con rifacimento dei cordoli laterali».
Seicento
Quando quel guardrail è stato progettato e montato sul cavalcavia in Italia si viaggiava con la vecchia Fiat 600 o, i più fortunati, con le prime Fiat 124, al festival di Sanremo vincevano Claudio Villa e Iva Zanicchi, il presidente del Consiglio era Aldo Moro.
Lentezza
In queste ore, dopo che la procura ha aperto una inchiesta ed ha disposto una perizia sul guardrail a Venezia, maggioranza e minoranza si stanno lanciando accuse reciproche. L’assessore ai Lavori pubblici, Renato Boraso, ripete: «Il varco era una struttura di servizio usuale e regolare alla fine degli anni Sessanta e consentiva la manutenzione del manufatto. Il foro, ampio quasi 2 metri, in ogni caso non è illegale. Lo sarebbe stato se l’opera fosse stata costruita ora, visto che esiste da 10 anni in materia una normativa europea, regola che non prevede però la retroattività». Non è illegale, ma non è accettabile se si vuole garantire la sicurezza di una strada tanto trafficata. E che fosse urgente iniziare i lavori lo spiegava anche la relazione tecnica collegata al progetto esecutivo di restauro del cavalcavia: la sostituzione delle barriere, dunque del guardrail, è considerata urgente, perché servono quelle omologate, anche con rete antisasso. Si parla di protezioni alte 1 metro 40 centimetri in acciaio, molto più resistente, che arriva a tre metri se si comprende, appunto, anche la rete antiasasso. Boraso giustifica così la lentezza dell’intervento (va sempre ricordato che in Italia c’era stata un’accelerazione sul tema della sicurezza delle infrastrutture stradali dopo la tragedia del Ponte Morandi che è del 2018): «Il cavalcavia è stato trasferito dall’Anas al Comune di Venezia oltre dieci anni fa, io come l’ho ereditato nel 2016 l’ho messo in monitoraggio immediato, fatti i progetti, però il sindaco ha dovuto trovare dei fondi». Sintesi: bisognava trovare i soldi. Giovanni Andrea Martini, del gruppo di opposizione in Comune “Tutta la città insieme”, ribatte: «Se avesse voluto, la giunta avrebbe potuto trovare le risorse prima. Sono stati molto rapidi nel trovare i fondi per lo stadio e il Bosco dello Sport».