Fabiana Luzzi, il padre: non date permessi premio a chi bruciò viva mia figlia

Fabiana Luzzi, permessi premio a chi la bruciò viva: i genitori in ospedale per lo choc
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Domenica 6 Ottobre 2019, 15:19 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 17:30

ROMA «Ci sentiamo distrutti e abbandonati da uno Stato che non ci tutela e le cui leggi continuano a premiare gli assassini distruggendo ulteriormente le vittime». Sono intrise di rabbia e amarezza le parole che Mario Luzzi, il papà di Fabiana, la sedicenne accoltellata e bruciata viva dal fidanzato il 24 maggio del 2013 a Corigliano, ha affidato ad una lettera inviata al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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Mario, che da sei anni, assieme alla moglie e agli altri figli, sconta le conseguenze di un omicidio assurdo e incomprensibile, protesta contro i permessi premio concessi all'autore dell'omicidio della figlia. «A marzo 2016 in Cassazione - scrive - l'assassino fu condannato a 18 anni e 7 mesi di reclusione, una pena ridicola in confronto alla gravità di quello che ha fatto. Adesso, sono venuto a conoscenza che quest'anno, già tre volte, ha ottenuto licenze premio. Tutto questo mette in discussione il significato della parola giustizia». 

IN OSPEDALE PER LO CHOC
«Appena appresa la notizia - prosegue il testo della lettera - è stato necessario recarci in ospedale per il forte trauma che abbiamo subito, sapendo di poter ritrovare l'assassino di nostra figlia per strada, dopo soli 3 anni dall'emissione della sentenza. Non ci sono parole».

Una vicenda dai contorni tragici e sconvolgenti quella di Fabiana Luzzi, studentessa sedicenne, già legata sentimentalmente a Davide, di un anno più grande di lei, incensurato, studente di un altro istituto della città. Il dramma, in un misto di gelosia e possesso, si materializza in poche ore in una mattina di maggio. Il ragazzo attira l'ex fidanzata in una trappola dopo averla convinta ad andare con lui in moto in un luogo appartato per parlare della loro storia. Tra i due c'è una vivace discussione al culmine della quale il ragazzo colpisce più volte, con un coltello, la sedicenne, lasciandola agonizzante. Dopo circa un'ora torna lì con una tanica di liquido infiammabile che versa addosso alla ragazzina dandole fuoco e procurandole una morte atroce. «Era ancora viva quando le ho dato fuoco», crolla davanti agli investigatori. In primo grado il tribunale dei minorenni di Catanzaro condanna il ragazzo a 22 anni di reclusione mentre in appello la pena viene ridotta a 18 anni, poi confermata dalla Suprema Corte. 

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