Donne carnefici e vittime: autrici di figlicidi ma spesso a loro volta con una storia di maltrattamenti se non addirittura abusi alle spalle. Che maturano condizioni come un disturbo di personalità o il cosiddetto complesso di Medea nel tempo, perché «non ci si trasforma improvvisamente in mamme omicide». Donne a cui insieme ai bambini, va prestata più attenzione perchè molte cose rimangono nel silenzio assordante delle mura domestiche. Così descrive le mamme come Martina Patti, che ha confessato l'omicidio della figlia Elena Del Pozzo di 5 anni, lo psichiatra Claudio Mencacci, direttore emerito di Neuroscienze all'Ospedale Fatebenefratelli Sacco di Milano.
I segnali da non sottovalutare
La «stragrande maggioranza delle mamme - tiene a sottolineare Mencacci - non perde la testa da un momento all'altro, con la conseguenza di un dramma come quello di Catania.
I figli usati come strumento
La gelosia verso la nuova compagna del marito, un'altra ipotesi e per la Procura uno dei moventi, è per Mencacci «la caratteristica intrinseca del complesso di Medea», che implica che «si soffre di una gelosia e una ossessività patologiche e il fattore scatenante è proprio la conflittualità col compagno e la bambina è utilizzata come uno strumento per creare sofferenza. Azioni come queste - conclude - sono spesso precedute da recentissime liti con gli ex compagni».
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout