Croci in montagna, lo stop del Cai: scoppia la polemica. Santanchè e FdI all'attacco: «Proposta insensata»

«Dovete passare sul mio corpo per togliere anche solo un crocifisso da una vetta alpina», ha detto il segretario della Lega Matteo Salvini

Croci in montagna, lo stop del Cai: scoppia la polemica. Santanchè e FdI all'attacco: «Proposta insensata»
di Claudia Guasco
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Domenica 25 Giugno 2023, 20:44 - Ultimo aggiornamento: 28 Giugno, 13:36

La questione è annosa, ogni tanto riaffiora e suscita sempre un polverone anche tra i membri del Club alpino italiano, la più antica associazione di appassionati della montagna. Le croci in vetta. Sono 372 sulle Alpi, e molte sono lì da secoli, più di settanta sugli Appennini, alcune sono gigantesche: quella sul monte Catria, al confine tra Umbria e Marche, è alta 18 metri, sul monte Amiata ne spicca una di 22 metri. Da decenni gli ambientalisti denunciano: «Insidiano l’integrità naturale dei crinali». Qualche giorno fa Marco Albino Ferrari, da otto mesi direttore editoriale delle testate del Cai, ha rilanciato: «È anacronistico l’innalzamento di nuove croci». Un’esternazione tracimata in valanga di polemiche politiche - «atto arrogante, ideologismo talebano» - e chiusa con tante scuse e presa di distanza dai vertici del Club alpino.


«SIMBOLI INGOMBRANTI»
Tutto comincia da un convengo sul tema, svoltosi giovedì scorso all’Università Cattolica di Milano con successivo editoriale dell’antropologo Pietro Lacasella, curatore della testata online dell’associazione “Lo Scarpone”. «La società attuale si può ancora rispecchiare nel simbolo della croce? Ha ancora senso innalzarne di nuove? Probabilmente la risposta è no. Innanzitutto perché l’Italia si sta rapidamente convertendo in uno Stato a trazione laica, territori montani compresi. Pertanto la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale», scrive.

Perciò, «se da un lato sono inappropriate le campagne di rimozione, perché porterebbero alla cancellazione di una traccia del nostro percorso culturale», dall’altro si rivela «anacronistico l’innalzamento di nuove croci e, più in generale, di ingombranti simboli sulle cime alpine: sarebbe forse più pertinente intendere le vette come un territorio neutro, capace di avvicinare culture magari distanti, ma dotate di uguale dignità». Il Club alpino italiano, sottolinea il direttore, «guarda con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato e della manutenzione, ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di crolli». Come avviene per i rifugi e le vie ferrate, insomma, «si prende cura delle strutture esistenti, dichiarandosi al contempo contrario alla realizzazione di nuovi innesti». Il problema è che Ferrari, al convegno in rappresentanza del Cai, ha manifestato il suo no all’installazione di altre croci parlando a nome di tutto il club. Che tra l’altro è un ente pubblico non economico, il cui organo vigilante è il ministero del Turismo.


LA RETTIFICA
«Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci in vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Sono dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro», corregge la rotta il presidente del Cai Antonio Montani. «Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l’equivoco generato e rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto». Ma nel frattempo si è scatenata la bufera. «Resto basita dalla decisione del Cai di togliere le croci senza aver comunicato nulla al Ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l’identità del territorio», dichiara il ministro del Turismo, Daniela Santanchè. «Dovrete passare sul mio corpo per togliere un solo crocifisso da una vetta alpina», rincara il responsabile delle Infrastrutture Matteo Salvini, rallegrandosi poi per la «scelta di buonsenso del dietrofront dopo il nostro appello». E il ministro degli Esteri Antonio Tajani twetta: «Esiste un minimo comune denominatore che lega l’Europa ed è il cristianesimo. Difendiamo i nostri valori, le nostre radici».

La precisazione del Cai placa gli animi e Montani chiosa con un suo pensiero: «Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco a immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce».
 

Una proposta «insensata e inaccettabile». Un «atto di arroganza inutile e offensivo» ed espressione di un «ideologismo talebano». Le parole pronunciate qualche giorno fa dal direttore editoriale del Cai Marco Albino Ferrari durante un convegno organizzato all'Università Cattolica di Milano, in occasione della presentazione di un libro - «non saranno istallate nuove croci sulle montagne» - finiscono al centro di una polemica, con tanto di richieste di marcia indietro e dimissioni. É il centro destra ad insorgere, capitanato da FdI. Si fa sentire anche il governo che con la ministra Daniele Santanchè chiede al Club alpino di rimangiarsi la decisione, lamentandosi di non essere stata informata.

Velo si può vietare al lavoro se si vietano tutti i simboli religiosi (crocifisso compreso), la sentenza della Corte Ue

La polemica

Così qualche ora dopo tocca al presidente Antonio Montani gettare acqua sul fuoco: «non abbiamo mai trattato l'argomento delle croci in vetta in alcuna sede, tantomeno prendendo una posizione ufficiale», assicura scusandosi personalmente con Santanchè «per l'equivoco», nato da «dichiarazioni personali» di Ferrari e da un editoriale su 'Lo Scarponè. Il portale del club aveva evidenziato la larga concordanza emersa nel convegno «sulla necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l'istallazione di nuovi simboli sulle cime».

L'editoriale parlava di una tesi «condivisa pienamente dal Cai» e aggiunge: nessuno intende rimuovere le croci che già ci sono, ma è «il presente caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali, a indurre il Cai a disapprovare la collocazione di nuove croci e simboli sulle nostre montagne». «Non c'è una posizione univoca e non si è mai trattato l'argomento» ribadisce Montani che poi assicura: se se ne parlerà «il ministero vigilante sarà sempre interpelato e coinvolto». Quando arriva il chiarimento di Montani, ormai però la polemica si è innescata. A partire all'attacco è Santanché. «Resto basita dalla decisione del Cai di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al Ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l'identità del territorio, il suo rispetto» dichiara alle agenzie, invitando il presidente del club a «rivedere la sua decisione».

«Dovete passare sul mio corpo per togliere anche solo un crocifisso da una vetta alpina» attacca a testa bassa il segretario della Lega Matteo Salvini. Scende in campo anche il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo (Forza Italia): «Il dibattito sulle croci in cima alle vette, ritenute 'anacronistiche e divisivè, mi lascia attonito», dice indicando la croce come «punto di riferimento per gli scalatori» e simbolo religioso la cui «lezione di umanità è universale e valida per tutti». Poi è un tutto susseguirsi di dichiarazioni indignate targate soprattutto FdI, che culmina con la richiesta di dimissioni per «chi ha avuto questa pensata» avanzata dal deputato Mauro Malaguti. « Le croci sulle montagne della Lombardia e dell'Italia intera non si toccano e continueranno a essere installate quando ve ne sarà occasione» assicura il presidente della Lombardia Attilio Fontana, che dopo la smentita di Montani derubrica l'accaduto a «un'uscita improvvida, dettata forse dai primi caldi». Smentita di cui prende atto con soddisfazione capogruppo di Fratelli d'Italia, Tommaso Foti, che avverte: «la croce non si tocca».

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