«Tranquilla, non mi fa niente, è soltanto geloso...». Così Vanessa Zappalà, 26 anni, rassicurava una sua amica preoccupata per i comportamenti del suo ex fidanzato, Antonino 'Tony' Sciuto, 38 anni, che non le dava pace dopo che lei aveva troncato la loro relazione. Ma era un presentimento sbagliato quello dell'ennesima vittima di femminicidio in Italia. Lui, venditore di auto a San Giovanni La Punta, la notte scorsa, intorno alle 3, l'ha uccisa, sparandole sette colpi di pistola cal. 7,65 alla testa, ad Aci Trezza, frazione marinara di Aci Castello e zona molto frequentata della Movida estiva catanese. Quando lei, con quattro suoi amici, lo ha visto arrivare in auto ha tentato di fuggire, ma lui l'ha raggiunta assassinandola. È morta sul colpo, una sua amica è rimasta ferita di striscio. Sotto shock, i suoi amici hanno chiamato il 112 e ai carabinieri hanno ricostruito subito la dinamica della tragedia puntando il dito contro Sciuto, che si è reso irreperibile.
Vanessa uccisa in strada, l'ex fidanzato si è impiccato
La "caccia all'uomo" è scattata subito: allertati aeroporti e porti e tutte le possibili vie di fuga.
Lui la «molestava, l'aspettava per ore davanti casa, la insultava», racconta tra le lacrime una vicina. Nel suo profilo su Fb l'uomo aveva anche l'immagine di Scarface e la sua celebre frase "Io non dimentico nulla, aspetto solo il momento giusto" e la foto di un uomo e di una donna di schiena su un terrazzo: lui le punta la pistola alla tempia e sulla schiena ha la scritta "I love you". Segnali inquietanti alla luce della tragedia della notte scorsa. «Non mi può pace quante volte ti mandavo messaggi - scrive su Fb una sua amica - "stai attenta Vane...", "Vane ho paura...." E tu "Tranquilla non mi fa niente è solo geloso...."».
«Era convito di essere un "padre padrone"» accusa il papà di Vanessa, Carmelo Zappalà, che ricostruisce la dinamica dell'omicidio: «lei ha cercato di scappare, ma lui ha presa per i capelli e le ha sparato». «Stava sempre davanti casa nostra», ricorda il padre. Una continua escalation che l'8 giugno scorso ha portato all'arresto dell'uomo in flagranza di reato per stalking e maltrattamenti in famiglia da parte dei carabinieri intervenuti dopo la denuncia della vittima. «In linea con la Procura di Catania - ricostruisce il colonello Piercamine Sica, comandante del Reparto operativo del comando provinciale di Catania - era stato posto ai domiciliari ed è stato scarcerato dal Gip che aveva disposto nei suoi confronti la misura cautelare del divieto di avvicinamento». Un provvedimento che si è rivelato inefficace a fermarlo, scatenando le polemiche sui social dove c'è anche chi evoca «l'ergastolo per i molestatori di donne» e chi si interroga: «allora a che serve denunciare?».
Le reazioni
La ministra per il Sud, Mara Carfagna, segnala che «il pericolo di reiterazione del reato è, nei nostri codici, uno dei motivi che giustificano l'arresto anche in attesa di giudizio: sia applicato - aggiunge - ovunque una donna segnala un concreto rischio, ovunque ci siano precedenti che fanno temere per la sua incolumità». Simona Suriano, deputata del gruppo Misto, chiede «misure più stringenti, pene certe e sorveglianza speciale per chi si macchia di reati contro le donne». Per la senatrice di Fi e componente della commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, Urania Papatheu, «è disgustoso vedere ancora morire donne nel silenzio, con la complicità delle istituzioni, siamo tutti colpevoli, i numeri ci indicano che il sistema Paese ha fallito». Eugenio Saitta, capogruppo M5s in commissione Giustizia, ricorda che «tra le misure approvate con il codice rosso vi è anche la possibilità di ricorrere al braccialetto elettronico».
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