L'ORIGINE
Erano gli anni Trenta quando veniva pubblicizzata la macchinetta per il caffé con raffigurato proprio il fondatore: Renato Bialetti, l'omino con i baffi. L'idea gli era venuta osservando le donne di Omegna fare il bucato sulle rive del lago d'Orta. E così l'officina fondata dal papà Alfonso per la fusione e la lavorazione dell'alluminio, era diventata la base di lancio per la rivoluzione nella preparazione dell'espresso. La produzione fino al Dopoguerra è rimasta a carattere artigianale, con 70 mila pezzi prodotti ogni anno, poi sono arrivati il cambio di passo, Carosello e quell'omino, disegnato da Paul Campani. Una passione autentica per Renato, il fondatore, così legato alla sua invenzione che quando è morto, nel 2016, ha voluto che le ceneri venissero conservate in una grossa moka. La famiglia Bialetti non fa più parte del gruppo da tempo, da quando, negli anni Novanta è avvenuta la cessione ai Ranzoni di Rondine. Ma resta l'identificazione con quel brand nazionale.
LE CIFRE
«Al 30 settembre Bialetti Industrie Spa registra una liquidità di 520 mila euro e un indebitamento di 40 milioni», è scritto sul sito dell'azienda. Di cui debiti per stipendi relativi ai dipendenti del gruppo non pagati per 590 mila euro. La perdita nel 2018 è di 15,3 milioni di euro, in peggioramento rispetto al rosso di 1,6 milioni dell'anno precedente. Lo scorso 10 ottobre la società ha annunciato che il fondo Och-Ziff Capital investirà in Bialetti 35 milioni di euro nel contesto di una ristrutturazione del debito. Chissà se basterà a superare la crisi.
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