Scoperto a seguito di una lunga indagine dei carabinieri, Mattia Del Zotto, 28 anni, è stato assolto dal Gip del Tribunale di Monza perché ritenuto totalmente incapace di intendere e volere al momento dei fatti, come lo hanno definito il perito incaricato dal giudice e quello della difesa. Per lui l'accusa aveva invece chiesto l'ergastolo per omicidio volontario plurimo e lesioni plurime, anche a fronte della perizia tecnica di parte che lo aveva invece giudicato solo parzialmente incapace di intendere e volere, tanto da avere la facoltà di pianificare l'acquisto del letale veleno e attuare il suo piano di morte. Ora Del Zotto dovrà restare, per decisione del Gip, dieci anni in una struttura psichiatrica.

Timido, silenzioso, sempre chiuso nella sua stanza dove trascorreva il suo tempo al computer «in cerca di lavoro», divenendo via via sempre più schivo fino ad evitare i suoi familiari, per i quali non era scontato provare dell'affetto «solo per il fatto di essere parenti» come lui stesso ha detto agli inquirenti, stando a quanto emerso nel corso delle indagini Mattia ha contattato un'azienda veneta a fine estate 2017, ha commissionato l'acquisto del solfato di tallio e poi è andato a ritirarne sei confezioni di persona. Quindi ha avvelenato l'acqua, utilizzandone solamente una. Le altre cinque le hanno trovate i carabinieri nella sua stanza. Per i nonni paterni e una zia non c'è stato scampo, mentre per altri zii e la badante di casa, dopo una lunga degenza in ospedale, fortunatamente le cure hanno funzionato.
Investigando su tutta la famiglia infine, gli inquirenti sono risaliti al 28 enne, arrestandolo. Mattia secondo quegli stessi familiari che ha avvelenato, ha bisogno di cure. Informati della sentenza dall'avvocato di famiglia Stefania Bramati «hanno preso bene la sentenza, sapendo perfettamente che il giovane abbia bisogno di essere curato», ha riferito dal legale. «Attenderemo le motivazioni della sentenza», ha continuato Bramati, «ad ogni modo i vari familiari tra loro sono in buoni rapporti, condividono la stessa casa, e di fatto non hanno nemmeno mai chiesto una perizia di parte per avanzare richieste di risarcimento di sorta». I suoi genitori da tempo aveva capito che qualcosa in lui era «rotto», arrivando a credere fosse caduto preda di una setta. Per cercare di aiutarlo aveva chiesto il sostegno a una terapista naturale, ma senza successo.
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