Si è parlato dei danni inferti dalla pandemia al settore che genera un fatturato di 4 miliardi all'anno (era in crescita del 6 per cento prima del lockdown), riguarda 2mila aziende e impiega 250mila persone: «Ma a causa del coronavirus», ha spiegato Andrea Casini, Co Ceo Commercial Banking Italy di UniCredit, «il box office è crollato così come gli investimenti pubblicitari tv, la produzione si è bloccata interrompendo la fornitura di contenuti. Ora, alla luce del boom dei servizi streaming, occorre puntare sull'innovazione».
Francesco Rutelli, presidente dell'Anica, ha sottolineato l'importanza del sostegno di UniCredit nel rilancio della «catena del valore» dell'intera filiera.
Laura Torchio, Industry Expert, ha tracciato il primo approfondito bilancio della situazione dopo la pandemia (definita «il cigno nero», cioè un evento catastrofico imprevisto): il cinema rischia di perdere un miliardo di euro «e le sale si sono dimostrate il comparto più vulnerabile». Del rilancio hanno parlato il presidente dei distributori Luigi Lonigro e Francesca Cima, presidente dei produttori, che ha sottolineato «l'importanza delle idee e dei contenuti» mentre Giuseppe Zonno, vicedirettore di RaiCinema, ha auspicato il rafforzamento del tax credit.
Alessandro Usai di Colorado Film ha poi rivendicato la necessità del controllo, da parte dei produttori, sulle strategie delle piattaforme che durante il lockdown hanno garantito la diffusione del prodotto. Giampaolo Letta, ad di Medusa, ha posto l'accento sull'internazionalizzazione del cinema attraverso l'export e gli investimenti stranieri e auspicato lo snellimento della burocrazia. «La legge sul cinema, approvata nel 2016», ha rivelato, «ancora fatica ad entrare in vigore in tutte le sue parti».
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