Per questo motivo i tre camici bianchi, che diverse volte hanno avuto in cura Antonio, rischiano adesso un’incriminazione per omicidio colposo. La svolta nell’indagine è arrivata con il deposito della perizia medico legale, sulla scrivania della pm Gianfederica Dito, che inchioda i dottori di fronte alle loro responsabilità.
Una relazione autoptica che, perciò, esclude, come causa del decesso, il traffico e i presunti ritardi dell’ambulanza, ipotizzati inizialmente dagli investigatori. Antonio, aveva iniziato da febbraio a soffrire di crisi respiratorie.
Morire nel traffico di Roma, a undici anni, nell’auto della mamma, mentre si cerca di arrivare all’appuntamento con l’allergologo fissato alle 9,20 nell’ospedale a 20 chilometri da casa. Antonio Bertoni, bimbo della quarta elementare, dal medico non c’è mai arrivato, stroncato da uno choc anafilattico alle 8,15 del mattino.
Si era sentito male nella Nissan ferma, in coda, sulla laterale della via Cristoforo Colombo, a cento metri dall’incrocio con via Wolf Ferrari, all’altezza dell’Infernetto, tra Ostia e l’Eur. Con lui c’erano mamma Ioana Georgia C., 39 anni, romena, e un’amica di famiglia, francese. «Antonio sta male, aiutatemi», aveva urlato Ioana, mentre il bimbo scendeva dall’auto e si accasciava sulla banchina.
Dalle altre macchine in fila erano scesi in tanti. Si era fatta largo anche un medico che aveva immediatamente provato a rianimare il bambino con il massaggio cardiaco. Qualcuno aveva subito avvisato i vigili che erano all’incrocio e che a piedi avevano raggiunto Ioana e il piccolo Antonio.
Due motociclisti del Gruppo pronto intervento traffico erano corsi dall’altro lato della strada, a Casal Palocco, per intercettare un’ambulanza e scortarla, facendosi largo nell’ingorgo, fino da Antonio. Prima la dottoressa poi i sanitari del 118 per cinquanta interminabili minuti avevano provato a riportare in vita il bambino, inutilmente.
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