Renzi: «Ora crescita o l’Europa muore». Scontro sul rigore con i falchi tedeschi

Renzi a Strasburgo
di Mario Ajello
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Giovedì 3 Luglio 2014, 01:23 - Ultimo aggiornamento: 18:54

sempre un grande spettacolo Italia-Germania. Ecco la battuta, di sapore calcistico, che impazza a Strasburgo mentre Matteo Renzi fa la sua replica in aula, prima di tornarsene a Roma di corsa interrompendo la sua fretta solo per mettersi in mezzo tra una passante e il telefonino di lei e dirle con un sorrisone: Selfie?.

Ma c’è poco da ironizzare sulla contesa plateale e molto dura che il presidente del semestre europeo al suo debutto, cioè Renzi, e il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, tedesco e popolare come Angela Merkel, hanno intrapreso a fine pomeriggio.

Un botta e risposta davanti al mondo, che lascia l’immensa aula dell’Europarlamento sbigottita per la durezza e svela la profondità dei problemi europei e la difficoltà nei rapporti di forza esistenti tra la Germania e tutti gli altri, a cominciare dall’Italia.

Renzi ha fatto il suo discorso a braccio non solenne e molto smart (cambiando stile alla retorica europea, in attesa di cambiare verso all’Europa), ha insistito sulla flessibilità necessaria «nel rispetto delle regole» e sulla «crescita perché senza crescita l’Europa non ha futuro», ha detto del «coraggio e dell’orgoglio dell’Italia che va in Europa non per chiedere ma per dare», e poi c’è il dibattito e poi c’è la sua replica e intanto il tedesco Weber ha attaccato l’Italia senza mezzi termini. Così: «I debiti non creano futuro, lo distruggono. L’Italia deve rispettare le regole». E ancora: «No alla flessibilità, avanti con il rigore». Un discorso da super falco.

La risposta. Una provocazione agli occhi di Renzi, il quale appena riprende la parola - e il tono non è più quello suadente e tranquillo del discorso iniziale, è sparito Telemaco e con lui Dante e Joyce e il «dare un’anima all’Europa» - si lancia nel corpo a corpo con Weber, sapendo che dietro Weber ci sono i tanti «pregiudizi» e le sbagliate «lezioncine morali» che certa Europa crede di poter fare all’Italia.

«Alla Germania - attacca Renzi, rivolgendosi al capogruppo del partito merkeliano che intanto ha avuto la scortesia di lasciare l’aula - fu concessa non la flessibilità. Ma la possibilità di violare i parametri monetari europei. Cosa che ha consentito a quel Paese di crescere. Noi invece le regole le rispettiamo e le rispetteremo. Ma la crescita è vitale. Non serve all’Italia, serve all’intero Continente». Chissà se la Merkel ha assistito, da Berlino, al botta e risposta. Chissà che non abbia, poi, rimproverato Weber per l’euro spettacolo di divisione e polemica che ha innescato. Di fatto, Renzi ha reagito, a quelle che ritiene offese al proprio Paese, quasi con stizza. «Fare la morale agli altri non va bene». Il tono è questo.

La rivendicazione. La rivendicazione dell’orgoglio patriottico, contro gli stereotipi dell’Italia come Italietta spendacciona e irresponsabile, procede così: «Il nostro Paese ha dalla propria parte non solo la storia ma anche il futuro». E questo fornisce a Renzi l’occasione per andare nel suo campo prediletto, e di grande impatto internazionale, vero brand inattaccabile, il Rinascimento. «Questo semestre - avverte il premier - servirà a far risorgere la nostra economia e i nostri valori, proprio come accadde nel Rinascimento». Anche allora c’era la crisi finanziaria, ma «investendo nel coraggio e nell’orgoglio si riuscì a superarla».

Il bis è possibile? Nel frattempo, Renzi si è rivolto anche così verso Weber: «Vorrei ricordarle che una parte del suo gruppo sostiene il mio governo». E sta parlando del Nuovo Centrodestra. Ma è l’Europa il cuore della tensione. Il democrat Gianni Pittella, capogruppo del Pse, lancia subito un altolá: «Se il Ppe continua sulla linea Weber, è a rischio la nomina di Juncker alla presidenza della commissione Ue».

Renzi a Porta a Porta poi dirà che questo pericolo non c’è e che per andare d’accordo con Merkel «ci basta una stretta di mano». E comunque il premier italiano si sta accorgendo sempre di più che l’Europa non è un pranzo di gala.

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