Nessuno è romano da sette generazioni

di Pietro Piovani
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Giovedì 5 Giugno 2014, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 15:55
nun fa er romano da sette generazioni co me eh!

@dueditanelcuore





«Io sono romano da sette generazioni». Ogni tanto qualcuno se ne vanta. Pare che il vero cittadino indigeno sia solo quello che può dichiarare l'integrità genetica capitolina fino all'ultimo sestisavo (così in italiano si chiama il nonno del nonno del bisnonno). Questa delle sette generazioni è un’immagine che fa sempre effetto, ma se ci fermiamo a riflettere ci rendiamo conto che la frase si scontra con la logica e il senso comune. Proviamo a fare due conti. Ogni persona ha due genitori e quattro nonni, poi ci sono otto bisnonni e, salendo ancora per l'albero genealogico, si arriva a sedici trisnonni, o arcavoli come tecnicamente si chiamano in italiano (ma a Roma nessuno userebbe mai la parola “arcavolo”, anche perché arriverebbe subito lo spiritoso pronto a precederla con un “grazie”). E ancora ci sono trentadue quadrisavi (o bisarcavoli che dir si voglia), sessantaquattro quintisavi (o quintavoli), e infine centoventotto sestisavi (altrimenti detti arcibisavoli). Totale, una tribù di 254 persone che, secondo il presunto romano di sette generazioni, sarebbero nate tutte nella stessa città. In mezzo a loro neanche un marchigiano, un viterbese, un frascatano, una guardia svizzera. Una tesi poco credibile e anche piuttosto temibile, perché in un'ascendenza così omogenea sarebbe inevitabile trovare parentele incestuose e consanguineità azzardate, come succedeva un tempo nelle famiglie reali. Molto meglio allora il sangue misto. Il popolo romano nacque da un incrocio tra latini, sabini, etruschi, cui nei secoli successivi si mescolarono greci, galli, sassoni, iberici, africani e ancora molte altre etnie. Per questo conquistò il mondo.



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