L'era digitale La nuova sfida
Rinascimento 2.0

Steve Jobs
di Derrick De Kerckhove
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Martedì 31 Dicembre 2013, 15:15 - Ultimo aggiornamento: 2 Gennaio, 11:28
L'incontro del linguaggio con l’elettricit sulle linee del telegrafo stato l’inizio di un cambiamento fondamentale della condizione umana e delle sue strutture cognitive. È stato un matrimonio fra il massimo della velocità con il massimo della complessità. Allo stesso modo l’incontro del linguaggio con la macchina nella stampa aveva provocato la rivoluzione precedente, quella del Rinascimento e della cultura dell’individualismo sociale e politico.



Ogni volta che il linguaggio cambia di supporto, cambia la mente e cambiano le società. La chiave di lettura del cambiamento attuale si trova nella relazione fra linguaggio ed elettricità. L’elettricità è veramente in ogni dove, incluso il nostro corpo. Il nostro sistema nervoso centrale è gestito dall’elettricità, al livello delle sinapsi. Essa penetra, scansiona ogni cosa, abbatte le barriere fra le sue applicazioni organiche e tecniche. Questo medium sta producendo quindi una nuova definizione del genere umano, cambiandone le strategie della struttura mentale. Questo condiziona il nostro sistema cognitivo, destinato a organizzarsi fuori dalla testa, sullo schermo. HERE



Con Twitter, Facebook, Cloud Computing, PRISM, ecc., siamo all’epoca della maturazione della rete. L’elettricità non distribuisce più solo energia e calore ma con la digitalizzazione pure diviene mente. La digitalizzazione fa arrivare il momento della trasformazione cognitiva. Oggi le cose non si ricercano più dentro la nostra testa, ma su Google o Wikipedia. Chiamiamola la nostra mente aumentata.

Il professionista della comunicazione, oggi più che mai, deve osservare, ascoltare e tenere ben in conto tutte le cose che si dicono. Quali strategie adottare per sopravvivere nella giungla del chiacchiericcio diffuso? Come crescere senza scivolare nel villaggio globale dove fama e disprezzo si mescolano alla velocità della luce?



Tornano attraverso la velocità della comunicazione vecchi valori persi durante l’era dei mass media, quando alla gente non era permesso interagire. Fiducia, trasparenza, condivisione, ed ora si deve aggiungere vergogna, sono tutti valori contenuti nello scambio d’informazione fra utenti, governi ed imprese. La trasparenza è irresistibile e comincia con la luce. Reputation capital è la versione elettronica della vergogna tribale, significa l’obbligo per ciascuno di noi di “fare bella figura” non per soddisfare il nostro ego ma per rassicurare il nostro pubblico. La politica dell’avvenire richiede una trasparenza completa del re, del presidente, del papa e di tutti noi. Adesso si tratta di accordi fra gli Stati Uniti e il Canada, per spiare i contenuti di tutti i nostri computer senza chiedere nè permesso nè garanzia legale. Viviamo il pericolo di una confessione permanente.



Grazie ai social media, la Rete gioca ormai un ruolo limbico, come quello delle amigdale nel cervello che traducono le afferenze sensoriali in emozioni e reazioni fisiche, come, per esempio, scendendo per strada per protestare contro un governo ingiusto, esporsi ai fucili della polizia nella primavera araba.

Wikileaks ha rivelato l’irreversibile tendenza alla trasparenza che caratterizza la cultura della rete. Da Wikileaks alle rivelazioni di Edward Snowden sul programma di sorveglianza americano PRISM, la tendenza transnazionale dell’opinione pubblica, divenuta globale, si oppone all’opacità della concentrazione locale.



La Rete, fonte sempre di maggior peso nella definizione del nostro inconscio, è anche il luogo dell’emergenza. Il mezzo di pubblicazione iniziale per ogni notizia è meno rilevante perché infine in Rete si arriva alla più ampia diffusione possibile.

L’opera di Assange ha segnato un punto di non ritorno per le democrazie di tutto il mondo, benché secondo John Goldsmith: «Assange può illudersi di essere stato responsabile della primavera araba, il fatto però che giornali di un certo rilievo quali The Guardian possano diventare un mezzo al servizio di un uomo che pensa di usare i nuovi media per appiccare il fuoco certo disturba, soprattutto alla luce degli avvenimenti che per lo più sembrano aver portato una rivoluzione solo apparente».

Non credo che la rivoluzione sia solo apparente, ma è certo che la velocità di diffusione segna la differenza fra ieri ed oggi.



Anche se la tecnologia sembra essere più veloce della cultura, i diritti sono tasselli fondamentali. D’altro canto l’era dei templi è finita, abbiamo bisogno di creare un nuovo equilibrio sostenibile, dove ibridazione e contaminazione producono ricchezza condivisa. Il cambiamento sistemico è sotto gli occhi di tutti. L’impatto della cultura digitale in ogni azione quotidiana è evidente. Lavoro al “Manifesto Della Cultura Digitale” per promuovere un sistema dove cultura e tecnologia siano integrate e il cittadino protetto da ogni eccesso anche digitale. L’Italia, culla della cultura e della mediazione, può promuovere un Rinascimento 2.0.

Il mondo dell’informazione, i giornali con una tradizione storica come Il Messaggero hanno certamente un ruolo fondamentale e possono contribuire attivamente a sostenere le coscienze e a far emergere le necessità, promuovere la discontinuità senza perdere di vista le caratteristiche del Paese.
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