Ferlenghi (Confindustria Russia): «La crisi del rublo persa come un macigno sull'export»

Ferlenghi (Confindustria Russia): «La crisi del rublo persa come un macigno sull'export»
di Michele Di Branco
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Domenica 21 Dicembre 2014, 17:41 - Ultimo aggiornamento: 23 Dicembre, 13:13
Un miliardo e mezzo di euro. E' questo il costo che le 600 aziende italiane che operano in Russia dovranno sopportare a fine anno per effetto dell'embargo. «Nessun paese come l'Italia scontera un prezzo così elevato», commenta irritato Ernesto Ferlenghi, presidente di Confindustria Russia, la rappresentanza a Mosca dei nostri imprenditori.



Ferlenghi, perché le sanzioni antirusse sono particolarmente gravi per le nostre aziende?

«Innanzitutto c'è da considerare che le tensioni hanno prodotto un effetto sul valore del cambio tra rublo ed euro che penalizza nello specifico l’acquisto di servizi e prodotti italiani da parte dei clienti russi. D’altra parte vediamo una flessione graduale del mercato derivante dall’andamento del prezzo del petrolio sul mercato internazionale. Inoltre, a causa delle sanzioni imposte dall’Europa si verifica una difficoltà d’accesso ai finanziamenti di lungo termine da parte di società e banche russe. Questo insieme di cose rende sempre più difficile e meno competitivo il mercato russo per le società italiane».



La Germania sta invece incontrando minori difficoltà. Quali sono i motivi?

«Le aziende italiane sono legate alla Russia soprattutto da attività commerciali, i tedeschi hanno invece un fortissimo connotato di collaborazione con Mosca improntato sulle attività industriali inoltre, che li porta a contare su un sistema di lungo termine più efficiente rispetto quello italiano. Si tratta di attività con molti investimenti locali, quindi sono meno svantaggiate. In breve, subiscono un effetto delle sanzioni decisamente limitato».



Lei sostiene che l’embargo è un errore. Per quali motivi?

«Perché per l’Europa la Russia rappresenta un mercato importantissimo. Inoltre, i rapporti con Mosca dovevano essere alla base per un rilancio della nostra economia, che guardi al di là della fase attuale. Il dialogo tra noi e la Russia deve andare avanti, sarebbe un suicidio non riprendere al più presto il filo strappato».



E se invece l'embargo dovesse prolungarsi per molto tempo? Quali sarebbero i rischi?

«Ci sono materie prime che per ragioni climatiche non sono presenti in Russia e in questa fase stiamo dando un vantaggio competitivo ai nostri concorrenti americani, a soggetti europei e soprattutto ai cinesi. Attenzione a chi pensa di aspettare tempi migliori per risolvere i problemi della politica, alla lunga i mercati scompaiono e finiscono nelle mani dei nostri competitor internazionali».



Si dice che Confindustria non vi abbia appoggiato come speravate. Risponde al vero?

«No. Niente di più falso. Confindustria ha fatto il possibile, il presidente Squinzi si è assunto un impegno in prima persona per confermare la presenza delle aziende italiane in Russia. Il sostegno c’è. D’altro canto, non possiamo permetterci di perdere un mercato come quello russo. Dobbiamo andare avanti determinati: il governo e i nostri ministri sono a conoscenza di tutto».



Come giudica il comportamento del governo italiano in questa vicenda?

«Credo sia necessario tornare a lavorare e parlare con la Russia cambiando anche il sistema delle relazioni commerciali. Dobbiamo partire con una nuova e know how e guadagnando spazi attraverso la nostra grande capacità di trasferire competenze».