Claudio Amendola: «La mia prima volta»

Claudio Amendola
di Gloria Satta
2 Minuti di Lettura
Giovedì 6 Marzo 2014, 08:01 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 19:58
Per debuttare nella regia, Claudio Amendola ha scelto una commedia. E uno sport poco conosciuto e ancor meno praticato in Italia (pare soltanto da 1200 persone): il curling. È nato così La mossa del pinguino (nelle sale da oggi), una storia di sport, di amicizia, di un sogno ”impossibile”, di una rivincita.



Al centro del film è un gruppo di perdenti che si mette in testa di conquistare un titolo olimpico di curling ai Giochi di Torino del 2006. I protagonisti sono Ennio Fantastichini, Antonello Fassari, Edoardo Leo, Ricky Memphis, Francesca Inaudi. Falliti nella vita, sul ghiaccio formano un’armata Brancaleone votata ad imprese tragicomiche...



Amendola, 200 film alle spalle come attore, è rimasto dietro la cinepresa e spiega perché, a 51 anni appena compiuti, ha deciso di compiere il grande salto nella regia portando sul set una sceneggiatura da lui firmata con Edoardo Leo, Michele Alberico e Giulio De Martino.



Come mai ha voluto dirigere?

«Ci pensavo da anni e prima o poi doveva succedere. La regia è il lavoro più affascinante che esista. Mettiamoci poi che ho avuto una bella scuola: Scola, Risi, Bolognini, Vanzina, Giordana. Sono stato fortunatissimo, ho conosciuto il grande cinema di una volta e oggi metto a frutto le mie esperienze».



La regia dà un senso di potere?

«Non c’è dubbio, ma comporta anche delle grandi responsabilità. Questo debutto mi dato tanto entusiasmo in più e, anche se stare dietro la cinepresa non diventerà il mio unico lavoro, ho intenzione di replicare».



E perché ha scelto proprio questa storia?

«La Mossa del pinguino è ispirato a un episodio reale. E racconta una bellissima vicenda umana di rivincita sportiva e sociale. È una commedia di sentimenti alla Full Monty, un film che mi ha sempre divertito e commosso».



Come mai non recita anche lei?

«Era la prima regia e non volevo distrazioni. Bastano e avanzano gli attori che ho scelto, uno più giusto dell’altro. Ho vissuto un’avventura umana meravigliosa. E mi sono rimesso in gioco».



Attualmente è sul set della sesta serie dei Cesaroni. Fino a quando interpreterà l’oste Giulio?

«Finché gli ascolti rimarranno alti. Sarà il pubblico a dire basta».



Si considera un uomo soddisfatto?

«Totalmente. Questa nuova sfida cinematografica mi elettrizza. E la vita privata va benissimo: amo da diciotto anni mia moglie Francesca Neri e nostro figlio Rocco, di quindici, sta crescendo bene. Di recente ha preso la tessera della Curva Sud per vedere la Roma senza di me. Ha ucciso il padre, direbbe uno psicanalista. Era ora».



È sempre innamorato del calcio?

«No, non lo amo più come prima. Troppo business, violenza, scandali, stadi chiusi. Resto però tifoso della Roma».



Contento dell’Oscar vinto da Sorrentino?

«Si. Anche se ho amato La grande bellezza al 50 per cento, lo considero un film da Oscar. E la sua vittoria farà bene a tutto il cinema italiano».