Ben Stiller si confida: «Sono un comico
ma so anche far piangere»

Ben Stiller si confida: «Sono un comico ma so anche far piangere»
di Francesco Alò
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Sabato 14 Dicembre 2013, 09:21 - Ultimo aggiornamento: 11:07

Ben Stiller da piccolo voleva fare solo il regista. Nel caso de I sogni segreti di Walter Mitty, da un celebre racconto di James Thurber gi portato sullo schermo da Danny Kaye (Sogni proibiti) e dal nostro Paolo Villaggio (Sogni mostruosamente proibiti), ha ricoperto entrambi i ruoli. Il quarantottenne newyorchese figlio d'arte (papà e mamma erano i noti comici Jerry Stiller and Anne Meara) diventato superstar comica recitando tra il '98 e il 2000 in Tutti pazzi per Mary e Ti presento i miei, arriva con I sogni segreti di Walter Mitty alla quinta regia dopo aver diretto pellicole meno fruttuose rispetto a quelle interpretate ma più di culto come Zoolander e Tropic Thunder.

Quando nasce la passione per la regia?

«È sempre stato il mio desiderio. Fin da quando avevo 10 anni. Il mestiere dell'attore è bellissimo ma fare il regista è meglio. Questo film è una vera e propria svolta per me».

Walter Mitty è un impiegato del magazine Life che vive con la testa tra le nuvole. Perché è così emblematico per lei?

«Non volevo fare un remake della commedia musicale con Danny Kaye del 1947. Volevo fondere insieme due tipi di film come l'avventura esotica e la commedia metropolitana a sfondo sentimentale e familiare. Il mio Walter Mitty è dinamico e frenetico nelle assurde fantasie superomistiche in cui è eroico e sexy. Quello è un Mitty dell'interiorità fantasy. Esteriormente, nella vita reale, l'ho interpretato come fosse statico, immobile, anaffettivo e scontroso con mamma e sorella. Non ho mai recitato in modo così intimo e spero sottile».

Ha preso spunto da qualche collega?

«Chiunque adori Oltre il giardino di Hal Ahsby come me si renderà conto che con quella recitazione così quieta provo umilmente ad omaggiare lo stile di Peter Sellers in quel film. L'altro riferimento è L'appartamento di Billy Wilder per tutte le scene di ufficio che Walter vive dentro Life».

È in omaggio a quei capolavori che ha scelto di dare a Shirley MacLaine il ruolo della madre di Walter?

«Esattamente. La adoro. È un'attrice unica perché evoca dolcezza, saggezza, spiritualità. Solo Shirley, non a caso diva sia ne L'appartamento che in Oltre il giardino, avrebbe potuto essere credibile come autrice di un colpo di scena da fata metropolitana che spero commuoverà qualcuno».

È difficile essere accettati simultaneamente come attori comici e drammatici?

«Molto difficile. Una volta che fai ridere rischi di essere omologato. Ho sempre cercato di muovermi con destrezza tra i due registri. Hollywood è cambiata negli ultimi cinque anni. È più difficile rischiare per i produttori oggi».

È il suo film più ambizioso?

«È sicuramente il più profondo. Il film rappresenta il momento esistenziale in cui mi trovo adesso. Venti anni fa ero inesauribile e stakanovista. Non mi fermavo mai. Adesso sono un padre di famiglia, sono più vecchio e voglio realizzare dei lavori che emozionino il pubblico e non lo facciano solo ridere a crepapelle. I venti anni che mi aspettano saranno quelli decisivi per la mia carriera. Voglio continuare a recitare in commedie popolari ma mi concentrerò di più sulla regia.

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