E' morto Sandro Morato, attore e regista di Alatri. Il ricordo del poeta Fontana: «Quella volta che ci vide Zavattini»

L'attore e regista teatrale Sandro Morato
di Andrea Tagliaferri
4 Minuti di Lettura
Lunedì 17 Maggio 2021, 10:14 - Ultimo aggiornamento: 18:46

Alatri e la provincia di Frosinone piangono Domenico Sistopaoli, meglio conosciuto come Sandro Morato. L'attore, regista teatrale e organizzatore di decine di rassegne e festival culturali aveva 84 anni e si è spento presso l'Ospedale San Benedetto. 

Ideatore e fondatore della Compagnia Teatro dei Viandanti e del Teatro Piccolo, Sandro Morato aveva anche insegnato come assistente tecnico presso lo storico Liceo Artistico Anton Giulio Bragaglia di Frosinone oltre ad aver operato come libero professionista. Lascia la moglie e i due figli nel dolore, così come l'intera comunità che ne ha apprezzato l'attivismo culturale per decenni. I funerali si terranno domani pomeriggio alle 16 ad Alatri, presso la Chiesa della Sacra Famiglia.

Così lo ricorda Giovanni Fontana, poeta e performer internazionale con il quale Morato aveva stretto una lunga ed intensa amicizia, oltre che collaborazione a livello artistico fin dagli anni Sessanta. Fontana ricorda, in particolare, quando il celebre regista, sceneggiatore e poeta Cesare Zavattini, rimase colpito da uno spettacolo d’avanguardia che fece scalpore ad Alatri, nel 1967 e che fu “importato” da Zavattini nella Capitale all’allora Teatro Arlecchino, oggi Flaiano.

«Non l’ho mai chiamato Domenico», scrive Giovanni Fontana. «Per me è sempre stato Sandro. Sandro Morato. Scoprii il suo vero nome solo molto tempo dopo, quando mi invitò nel suo studio tecnico di Piazza Santa Maria Maggiore ad Alatri e ne lessi la targa affissa sul portone. La professione di geometra gli andava stretta. Le sue passioni erano le arti. In particolare la pittura e il teatro. Ci incontrammo per la prima volta al Teatro Club di Gian Carlo Riccardi. Obiettivo comune era la ricerca e la sperimentazione teatrale. Aveva portato con sé Giovanna Pulcinelli, altra appassionata di arti drammatiche, che nel giro di qualche anno diventò mia moglie. Legammo subito e presto costituimmo un gruppo di teatro laboratorio che, grazie a Flavio Fiorletta, indimenticabile animatore culturale, fu ospitato in un piccolo teatro in via Roma, dove ora c’è l’Hostaria Apicius. Era il 1967. Per partire mettemmo su uno spettacolo dal titolo alquanto strano, "Qui si parla di Belacqua e del suo apriscatole", che rappresentammo l’anno successivo innescando non poche polemiche per alcune soluzioni sceniche ritenute «troppo d’avanguardia».

Quell’esperienza ci dette molte soddisfazioni, soprattutto perché fu apprezzata dal grande Cesare Zavattini, che venne apposta ad Alatri per vedere questo nostro lavoro.

A conclusione della serata, in una cena alla mitica «Conca», Zavattini dichiarò di volerci sostenere per una trasferta a Roma. E così fu. Con soddisfazione immensa portammo il nostro spettacolo nel vecchio Teatro Arlecchino, ora Teatro Flaiano. Da allora- continua il performer ideatore della Poesia Epigenetica- abbiamo lavorato insieme per anni. Nei primi anni Settanta abbiamo realizzato gli spettacoli del «Teatro Nuova Dimensione», gruppo nel quale la ricerca affondava le radici nella cultura popolare. Ricordo le mie collaborazioni con la sua «Cooperativa Teatro dei Viandanti».  In diverse occasioni disegnai bozzetti scenografici per lui. Scrissi le musiche per la sua versione di «Escuriale» di De Gelderode, nel 1979. Sempre in quell’anno la sua Cooperativa mise in scena il mio «La potenza di Ignazio», con musiche di Daniele Paris.  La casa di Sandro e di sua moglie Silvana era un punto di riferimento irrinunciabile a conclusione delle giornate di interminabili prove. Silvana sapeva approntare al volo cenette gustose che erano seguite da un’immancabile partita a scopone scientifico. Ma la nostra collaborazione si svolse anche su altri versanti: soprattutto durante gli anni di insegnamento al Liceo Artistico, prima di Cassino e poi di Frosinone. Inquadrammo la cattedra di Architettura secondo principi di rinnovamento didattico, che includevano attività laboratoriali con esperienze sul campo e con visite guidate. Ad ulteriore dimostrazione della passione di Sandro Morato per l’arte drammatica non si può non ricordare che la sua casa di Colleprata ospita un teatro nel seminterrato e che fino all’ultimo non ha mai cessato di immaginare nuovi progetti. Spesso ha diretto stagioni teatrali per animare il centro storico nei mesi estivi, spesso ha tenuto laboratori nelle scuole di ogni ordine e grado. Negli ultimi tempi ragionava intorno all’idea di ricavare un teatro nella vecchia cava Fanfarillo, quella che, scendendo per la tangenziale, si trova sulla destra dopo la curva del Cosciano. Si tratta di una orribile ferita sul pendio del colle, ormai ossidata dal tempo, entro la quale Sandro avrebbe voluto collocare una cavea. Quando gli facevo presenti le notevoli difficoltà verso le quali sarebbe andato incontro un tale progetto- conclude Fontana- mi rispondeva che, al di là di tutto, certe cose era necessario sognarle. Nella fattispecie, i sacrifici sarebbero stati ben ripagati da un’acustica d’eccezione. Ciao Sandro!”

© RIPRODUZIONE RISERVATA