Alatri e la provincia di Frosinone piangono Domenico Sistopaoli, meglio conosciuto come Sandro Morato. L'attore, regista teatrale e organizzatore di decine di rassegne e festival culturali aveva 84 anni e si è spento presso l'Ospedale San Benedetto.
Ideatore e fondatore della Compagnia Teatro dei Viandanti e del Teatro Piccolo, Sandro Morato aveva anche insegnato come assistente tecnico presso lo storico Liceo Artistico Anton Giulio Bragaglia di Frosinone oltre ad aver operato come libero professionista. Lascia la moglie e i due figli nel dolore, così come l'intera comunità che ne ha apprezzato l'attivismo culturale per decenni. I funerali si terranno domani pomeriggio alle 16 ad Alatri, presso la Chiesa della Sacra Famiglia.
Così lo ricorda Giovanni Fontana, poeta e performer internazionale con il quale Morato aveva stretto una lunga ed intensa amicizia, oltre che collaborazione a livello artistico fin dagli anni Sessanta. Fontana ricorda, in particolare, quando il celebre regista, sceneggiatore e poeta Cesare Zavattini, rimase colpito da uno spettacolo d’avanguardia che fece scalpore ad Alatri, nel 1967 e che fu “importato” da Zavattini nella Capitale all’allora Teatro Arlecchino, oggi Flaiano.
«Non l’ho mai chiamato Domenico», scrive Giovanni Fontana. «Per me è sempre stato Sandro. Sandro Morato. Scoprii il suo vero nome solo molto tempo dopo, quando mi invitò nel suo studio tecnico di Piazza Santa Maria Maggiore ad Alatri e ne lessi la targa affissa sul portone. La professione di geometra gli andava stretta. Le sue passioni erano le arti. In particolare la pittura e il teatro. Ci incontrammo per la prima volta al Teatro Club di Gian Carlo Riccardi. Obiettivo comune era la ricerca e la sperimentazione teatrale. Aveva portato con sé Giovanna Pulcinelli, altra appassionata di arti drammatiche, che nel giro di qualche anno diventò mia moglie. Legammo subito e presto costituimmo un gruppo di teatro laboratorio che, grazie a Flavio Fiorletta, indimenticabile animatore culturale, fu ospitato in un piccolo teatro in via Roma, dove ora c’è l’Hostaria Apicius. Era il 1967. Per partire mettemmo su uno spettacolo dal titolo alquanto strano, "Qui si parla di Belacqua e del suo apriscatole", che rappresentammo l’anno successivo innescando non poche polemiche per alcune soluzioni sceniche ritenute «troppo d’avanguardia».
Quell’esperienza ci dette molte soddisfazioni, soprattutto perché fu apprezzata dal grande Cesare Zavattini, che venne apposta ad Alatri per vedere questo nostro lavoro.