Alberto Brambilla
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L'intervento/ Vaccini, il piano al rallentatore freno per la ripresa

di Alberto Brambilla
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Domenica 3 Gennaio 2021, 00:58

Dopo il «Sarà un anno bellissimo», copyright di Giuseppe Conte del 2019, si passa (...) al «dimentichiamo il 2020 perché il 2021 sarà l’anno della ripresa». Eh sì, siamo il Paese degli slogan facili tipo “andrà tutto bene” anche quando in cuor nostro sappiamo che non sarà così. Ci facciamo coraggio, e poi però ci perdiamo in discussioni pleonastiche sul “problema” che forse un 10% della popolazione non si vorrà vaccinare; e giù dibattiti online e in tv sul quesito “obbligo o persuasione?” quando ancora non si è capito come si potrà vaccinare il resto della popolazione in tempo utile. È bene però chiarire che affinché il 2021 possa essere l’anno della ripresa occorre che la maggior parte delle attività produttive inizi a funzionare prima possibile; ma perché ciò accada occorre che almeno il 70% della popolazione venga immunizzata nel più breve tempo, visto che di fronte a un virus ogni terapia si rivela di complicata messa a punto e gli anticorpi monoclonali tipo “bamlanivimab” sebbene autorizzati dalla Fda americana ancora non danno certezza di cura a lungo termine.

Non essendo specialisti non ci addentriamo nella materia e né azzardiamo ipotetiche cure, ma una considerazione semplice viene spontanea: se in dieci mesi ben sette aziende farmaceutiche hanno prodotto vaccini che secondo le autorità sanitarie sono un antidoto efficace contro il Covid-19, stupisce che dai nostri laboratori ancora non siano uscite spiegazioni esaustive sulla natura del virus. Invece, tutto ciò che ti giunge dai soloni di laboratorio sono gli stessi identici messaggi che nel 1918 - esattamente 102 anni fa - diffondeva l’allora premier e ministro dell’Interno Vittorio Emanuele Orlando: la sola differenza è che le campane delle chiese oggi possono suonare. Quanto all’economia nazionale, mancano ancora i dati definitivi ma secondo nostre stime del 20 marzo scorso - che confermiamo - il 2020 si chiude con una perdita del Pil intorno all’11%, con circa un milione di posti di lavoro in meno (di cui quasi 300 mila mascherati dalla cassa integrazione Covid), un rapporto debito/Pil al 159% e un deficit prossimo al 13%. Abbiamo recentemente sovrapposto questi dati con il numero di decessi ogni 100 mila abitanti fornito dalla John Hopkins University: ne emerge che il nostro Paese è il terzo peggiore tra le principali 30 economie mondiali, a pari merito con la Gran Bretagna.

E’ di nuovo l’effetto di politiche industriali di assai scarsa consistenza e di una pioggia di ristori, bonus, agevolazioni fortemente volute dall’intero arco costituzionale; e di un governo che ancora oggi traccheggia su come affrontare il problema Covid, a partire dalle risposte che da noi pretende il Next Generation Eu.

Un utilizzo intelligente dei 209 miliardi messi a disposizione dall’Europa - sempre che non si riducano a meno di 170, come pare da alcuni calcoli - potrebbe aiutare molto la ripresa, ma se dovesse arrivare la paventata “terza ondata” con relativi blocchi e lockdown, servirebbero solo a far crescere il già debordante debito pubblico, visto che i battenti delle fabbriche resterebbero ben serrati. E qui veniamo al punto: i vaccini, di cui tuttora abbiamo frammentarie informazioni, sono la leva che potrebbero segnare la svolta.

Proviamo a fare qualche ragionamento al fine di verificare quali possono essere le reali possibilità di ripresa dell’Italia. Per far marciare l’economia occorre che almeno il 70% della popolazione venga vaccinata, cioè 42 milioni di abitanti; ebbene, il vaccino Pfizer/BioNTech per funzionare deve essere somministrato in due dosi, la seconda dopo 21 giorni, e si raggiunge la produzione di anticorpi e quindi la protezione dopo altre 2 settimane; di questo vaccino disporremo di 27 milioni di dosi. Abbiamo poi quelle di Moderna, due dosi a distanza di 28 giorni e immunità dopo due mesi. E quindi AstraZeneca e Sanofi-Gsk.

In totale l’Italia ha prenotato 202 milioni di dosi, di cui 80 milioni (ovvero il 40%) dipendono da questi ultimi due produttori che ancora non hanno avuto l’ok delle autorità. Se il governo afferma che entro fine gennaio avremo circa 2 milioni di vaccinati con la prima dose e ovviamente meno con la seconda, ne restano da immunizzare ancora 40 milioni. Per avere una ripresa economica intorno al 4-5% del Pil, come prevede il ministero dell’Economia, e se si vuole evitare che a fine marzo partano decine di migliaia di licenziamenti, l’obiettivo minimo è raggiungere il fatidico 70% della popolazione immune entro fine giugno. Ciò consentirebbe anche di programmare sin dai primi di marzo l’utilizzo della prima tranche di aiuti Ue a fondo perduto, sempre che il governo riesca a predisporre i progetti e gli incentivi. Considerando le tre-quattro settimane per le due dosi e 20 giorni medi per la formazione degli anticorpi, significa che dovremmo vaccinare 2 volte 40 milioni di persone entro fine maggio: 80 milioni di vaccini in 4 mesi significano 20 milioni al mese. Londra, che è più avanti di noi, prevede che entro febbraio potrebbero essere già vaccinati 15 milioni di inglesi. E in Italia? Non risulta che ci sia un piano vero e proprio, e con le forze disponibili (60 mila medici di base, ospedali, esercito e Asl o Ats) non arriveremmo a 8 milioni di vaccinati al mese, tant’è che il commissario Arcuri si è fatto scappare un «entro settembre» per il completamento dell’operazione-vaccini.

Ma questa data è impraticabile perché di soldi per i ristori ce ne sono sempre meno e non possiamo continuare a fare debito. Sarebbe quindi necessario, visto anche l’allarme lanciato da BionTech, trovare altre forniture di vaccini oltre quelli prenotati e autorizzare la sanità privata ad acquistare i vaccini autorizzati, consentendo vaccinazioni a tutto spiano, anche a pagamento. Abbiamo invece privilegiato il progetto “Primula”: idea lodevole e di sicuro aiuto qualora parta l’auspicata vaccinazione a tappeto, ma non prima di aver attivato le migliaia di strutture più sicure e asettiche di cui è costituita la nostra rete sanitaria. Che cosa si è fatto su questo fronte fino ad ora? Sarebbe interessante conoscere quante di quelle migliaia di unità sono già state attrezzate per lo scopo. Al momento, una sola cosa è sicura: siamo ancora nelle tenebre del 2020 che la sera di San Silvestro pensavamo di aver lasciato alle spalle.
*CSR Itinerari Previdenziali

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