Pio d'Emilia
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Droga, linea dura di Tokyo in cella per un po’ di “erba”

Droga, linea dura di Tokyo in cella per un po’ di “erba”
di Pio d'Emilia
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Lunedì 6 Giugno 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 21:13

Roppongi è uno dei quartieri del “divertimento” (per stranieri, principalmente) di Tokyo. Decine di macchine della polizia bloccano la via principale di accesso al quartiere e circondano un palazzo. L’assedio dura tutta la notte e alcune tv locali riprendono in diretta la scena. Alla fine si vede arrivare un’ambulanza: carica una giovane donna in barella e riparte a sirene spiegate. «Non c’è alcun dubbio - sostiene in diretta uno dei giornalisti che “copre” l’evento - è l’ennesimo caso di droga. È emergenza». 


Non bastavano la pandemia, la crisi economica, la guerra in Europa e una classe politica che non sembra proprio capace di “crescere” (la settimana scorsa un ex ministro, Yasutoshi Nishimura, pupillo dell’ex premier Shinzo Abe e considerato uno degli astri emergenti del Pld, il partito al governo, è finito sulla gogna mediatica per aver “curato” per un anni un blog dal titolo “bellezze nel mondo”, in cui postava regolarmente foto di donne scattate in giro per il mondo, ovviamente a loro insaputa). 


Comunque, il Giappone è entrato in una nuova emergenza. Quella della droga. Ma come, proprio il Giappone, il Paese dove sono in vigore, e vengono rigorosamente applicate, le leggi più severe non solo contro lo spaccio, ma anche contro il semplice possesso, il consumo personale e perfino l’uso terapeutico. Il Paese che il 25 gennaio 1980 arrestò Paul Mc Cartney – all’epoca alla guida dei Wings – sbarcato con un po’ di erba (beh, era quasi mezzo chilo…) e, fatto rimasto nella storia perché rappresenta uno dei pochissimi precedenti in cui il governo giapponese fece un’eccezione, si limitò ad espellerlo evitandogli processo e detenzione (rischiava 7 anni, almeno). 


A leggere alcuni giornali e settimanali locali parrebbe dunque di sì. Il caso citato di Roppongi sarebbe l’ultimo di una serie che denuncerebbe un pericoloso aumento dei casi di clienti che cercano di “distrarsi” assumendo pillole varie. E che poi si sentono male. Parliamo di anfetamine, vecchi e nuovi prodotti di sintesi, e perfino del “vecchio” Lsd, che pare sia tornato di moda. Persino l’ “erba”, la marijuana, che in Giappone è poco diffusa e viene trattata giuridicamente come tutte le altre droghe “pesanti”, pare sia ora molto “popolare”.


Ben 400 arresti in più, nel 2021, rispetto all’anno precedente. Sì proprio così: “appena” 400. Per un totale nazionale di 5482, rispetto ai 5046 del 2020. Meno della metà degli arresti per uso di altri stupefacenti – soprattutto anfetamine – circa 12 mila. Un po’ poco per dichiarare, o quanto meno paventare, una nuova “emergenza”. Tanto più che leggi durissime e la loro pressoché inesorabile applicazione continuano ad esercitare un’efficace dissuasione: secondo un recente sondaggio, solo il 2% dei giapponesi ha sperimentato almeno una volta uno spinello, contro il 44%, quasi la metà, degli americani. E allora, perché la rivista Spa, nel suo ultimo numero, titola “Droga, la nuova emergenza”? Perché in Tv l’argomento viene affrontato e dibattuto come si trattasse davvero di un’emergenza?
«Noi siamo soliti anticipare i fenomeni sociali – spiega Hitoshi Takase dell’agenzia Jinnetto, autore di uno dei servizi sul caso di Roppongi – è certamente vero che in Giappone la droga, tutti i tipi di droghe, sono molto meno diffuse che in altre società industriali: ma c’è una tendenza all’aumento, dovuta a vari fattori, tra i quali la dilagante depressione e la nascita di nuovi metodi di vendita e distribuzione, specie on line, difficilmente individuabili.

Ci è sembrato utile e doveroso segnalarlo. Sono poi le autorità che debbono valutare il fenomeno e decidere se è il caso di intervenire». 


In effetti, qualche motivo di preoccupazione può esserci. In Giappone la legge che regola gli stupefacenti risale al 1948, nell’immediato dopoguerra. Fu una delle prime leggi emanate in via provvisoria dallo Scap (il Comando alleato di occupazione), e poi fatta ratificare dal parlamento. Prima, pensate, non esisteva una vera e propria regolamentazione: le droghe “pesanti” (a differenza della Cina) erano praticamente sconosciute e quelle leggere, in particolare la marijuana, erano oggetto di libera coltivazione e consumo. 


Pensate: il Giappone considerava la canapa uno dei prodotti più utili e completi: la si usava per i tessuti, per condire il cibo, per costruire le reti dei pescatori e per alcuni rituali religiosi. Difficile dire se i vecchi giapponesi la usavano anche per “tirarsi su”: non ci sono prove storiche inconfutabili, ma diciamo che è abbastanza probabile che lo facessero. Curiosità: la legge del 1948 non copriva alcune droghe vegetali, tipo i famosi “magic mushroom”. Fino al 2002 erano in libera vendita perfino per strada. Poi (su pressione Usa, perché i marines di stanza in Giappone ne facevano troppo uso) il governo li ha proibiti. Ma non tutti: la nuova legge ne elenca oltre una ventina, ma le specie che contengono psislocybina sono oltre un centinaio, quindi il divieto diciamo che è abbastanza aggirabile.
In ogni caso, anche negli anni ’60 e ’70, quando nel resto del mondo farsi uno spinello era diventata un’usanza molto diffusa, in Giappone le leggi sono rimaste rigidissime.

Un mio conoscente è stato trovato con 0,25 grammi di erba nello zainetto e nonostante abbia dichiarato che ce l’aveva per uso personale e che fosse assolutamente incensurato, è stato arrestato, incriminato e processato. Si è preso due anni, per fortuna con la condizionale. E non c’è nessuno spiraglio, nessun progetto di legge attualmente in parlamento che possa affrontare il tema: neanche le pressioni Usa sono servite. . Nel frattempo però i prezzi sono crollati. Nel centro delle grandi città si trovano oggi spinelli preconfezionati attorno agli 800 yen (6 euro), mentre una pasticca di Lsd costa sui 2 mila yen (16 euro). Tempo di agire e affrontare il problema? Per ora, denuncia un articolo del Japan Times, il tutto si sta traducendo in maggiori controlli sui “gaijin” (gli stranieri) che sempre più spesso vengono fermati e – ma devono essere d’accordo – perquisiti.
 

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