Piero Mei
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Il nuovo articolo 33 / La Costituzione adesso è più bella: c’è anche lo sport

di Piero Mei
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Giovedì 21 Settembre 2023, 00:07
La Costituzione più bella del mondo adesso è ancora più bella.
E più completa da ieri, quando la Camera, in seconda e definitiva lettura e con voto unanime, ha approvato la modifica dell’articolo 33 con una aggiunta: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». È l’articolo che parla della libertà di arte e scienza, e che sta fra il 32, che tutela la salute come «fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività» e il 34, quello che «la scuola è aperta a tutti». Tra la salute e la scuola, lo sport è nell’acqua sua. La dicitura “attività sportiva” ne allarga ancor più il contenuto. Perché se si pensa “sport” magari si pensa subito a quel dribbling di Messi (più attuale: quel volo di Provedel, il portiere bomber della Lazio da Champions), a quel salto di Tamberi, quella bracciata di Paltrinieri (o della Pellegrini), quel colpo di pedale di Ganna, o a tutti quei gesti azzurri che hanno fatto la cronaca, la storia e la leggenda di un settore della vita quotidiana che mette spesso, se non sempre, l’Italia nei primi posti delle classifiche mondiali, che invece dobbiamo scorrere in giù per trovarla altrove. Non è retorica, è realtà. Lo sport è salito spesso, nell’ultimo mezzo secolo, in cima a un podio ed al Colle più in alto: dal «non ci prendono più» di Sandro Pertini al Bernabeu all’insistere di Azeglio Ciampi sul “canto degli italiani” che fece finire la scena muta e gli azzurri ne impararono il testo, e adesso lo intonano (o stonano… dipende) a squarciagola, e con loro noi tutti. Giorgio Napolitano ne ha vissuto sul campo il mondiale del 2006, e Sergio Mattarella non fa passare l’occasione per esserci: alla passione non si comanda. Ed ai simboli. E lo sport è anche un simbolo. Lo è stato della rinascita dalle macerie, quando Bartali e Coppi pedalavano rivali all’unisono, e poi del boom che correva con le gambe di Berruti e i pugni di Benvenuti. Lo è stato quando Italia-Germania 4-3 ci rivestì di tricolore. E piantiamola qui con i ricordi, che a metterne di più si rischierebbe di far torto ai dimenticati (però il rombo della Ferrari che abbiamo appena ascoltato di nuovo…).
Lo sport è anche una necessità, che ora la Costituzione riconosce e tutela: è cosa da nipoti e nonni, da uomini e donne, è sì Top Ganna ma anche i piccoletti che non vedono l’ora di togliere le rotelle alla bici. E’ l’inclusione, che forse è un altro simbolo che tutti abbiano votato, da sinistra a destra: chi fa sport parla la stessa lingua, proprio come nell’arte, la musica compresa, sette note per tutti come il pallonetto, la bracciata, la stoccata, la schiacciata uguale ovunque nel suo dna. L’attività sportiva ora è un diritto fondamentale. Ci si può aspettare che non rimanga soltanto una pia intenzione? È un’altra sfida che tutti ci riguarda. E lo sport ci ha spesso mostrato, specie se in maglia azzurra (i più la amano, la sognano: non facciamoci ingannare da estemporanee diserzioni), che la sfida ci rende migliori. Il Parlamento tutto ha riconosciuto il “diritto allo sport”: adesso tocca a lui ed al Governo far sì che venga esercitato, senza che le mamme e i papà si dannino l’anima (e la tasca) per far crescere i ragazzi meglio, e più sani, che è anche un investimento economico quello di invecchiare meglio, meno tiktoker e più runner. Ha scritto, tra l’altro, Albert Camus: «Quel poco che ho imparato sulla morale, l’ho imparato sui campi di calcio». Allargheremmo a tutti i campi dello sport, pista, piscina, pedana, circuito o strada che siano. L’ora di ginnastica da cui chiamarsi fuori può avere le ore contate? Tutto comincia dalla scuola: lo sport, adesso, sta nell’articolo che precede.
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