Ginevra Cerrina Feroni*

Le nuove norme Ue/ Il primato dell’uomo sulle macchine intelligenti

di Ginevra Cerrina Feroni*
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Giovedì 22 Aprile 2021, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 00:36

Razionalizzare la produzione industriale, realizzare modelli del cambiamento climatico, rendere la rete energetica più efficiente. 

Ma anche scansionare i curricula di aspiranti ad un impiego, valutare il merito creditizio per la concessione di un mutuo, determinare la priorità per assegnare un bonus famiglie, riconoscere una richiesta di protezione umanitaria.

Queste sono solo alcune delle possibili applicazioni della cosiddetta “intelligenza artificiale”. Ovvero quella tecnica che consente la progettazione di sistemi hardware e programmi software in grado di fornire prestazioni che, a un osservatore comune, potrebbero sembrare di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.

Come in tutti passaggi epocali della storia, lo sviluppo tecnologico non deve essere frenato ma neppure si può ad esso aderire acriticamente senza porsi la visione del suo impatto sui fondamenti condivisi dell’etica e del diritto. Non occorre mobilitare nuovi principi, ma rivitalizzare le basi del costituzionalismo liberaldemocratico europeo per realizzare una legalità effettiva ed efficace: servono soluzioni senza precedenti per condizioni tecnologiche e sociali senza precedenti.

Passaggio importante è, dunque, la bozza di Regolamento che la Commissione europea ha varato ieri. L’obiettivo è ambizioso: tracciare una dottrina europea dell’Artificial Intelligence (AI) che regolamenti finalmente il tema, per non lasciare campo libero alle potenti aziende tecnologiche, in un “Far West” dei dispositivi di AI come negli Stati Uniti, o sfruttando la tecnologia per creare uno stato di sorveglianza come in Cina. L’Europa propone la sua “terza via”, alternativa al liberismo americano ed all’autoritarismo cinese, in un approccio “umano-centrica” già espresso fin dai Considerando iniziali: “incentrato sull’uomo” esordisce il testo. 
Come a dire che l’intelligenza artificiale deve essere in grado di potenziare la tecnologia, ma anche di impedire di compromettere la tenuta dell’impianto normativo di tutti i diritti e libertà dell’individuo, patrimonio costituzionale europeo, a partire dalla protezione dati personali. Letteratura, cinema e televisione ci offrono da anni un’ampia gamma di scenari distopici verosimili ed oggi, con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, concretamente realizzabili.
Ed è esattamente ciò che l’Unione Europea tende a scongiurare. Così i sistemi di punteggio sociale, come quelli lanciati in Cina che monitorano l’affidabilità delle persone e delle imprese, sono espressamente classificati come “contrari ai valori dell’Unione” e saranno vietati. Come pure saranno vietati i sistemi di AI che causano danni alle persone manipolando il loro comportamento, opinioni o decisioni, sfruttandone o “targettizzandone” le vulnerabilità, o addirittura quelli utilizzati per la sorveglianza di massa.

La proposta ritaglia invero un’eccezione che consente alle autorità pubbliche di utilizzare la tecnologia per combattere crimini importanti. L’uso della tecnologia di riconoscimento facciale in luoghi pubblici potrebbe essere consentito - ad esempio per esigenze di sicurezza nazionale - se il suo utilizzo fosse limitato nel tempo e nello spazio. 

Si rende evidente come il cuore dell’intera operazione legislativa sia rappresentato dalla regolamentazione dei flussi di dati e da come i criteri direttivi per effettuare bilanciamenti e conformarsi ai principi siano già tutti da riscontrarsi negli strumenti posti in essere dal Regolamento europeo per la protezione dei dati personali (GDPR) e dalle migliori prassi della sua applicazione in Europa: non esclusività, conoscibilità, sindacabilità, non discriminatorietà della decisione algoritmica. 
La bozza propone anche la creazione di un Comitato europeo per l’intelligenza artificiale, composto da un rappresentante per paese dell’UE, il Garante europeo per la protezione dei dati e un rappresentante della Commissione europea – formazione identica a quella già operante per l’European Data Protection Board. Il Comitato supervisionerà sull’applicazione della disciplina e condividerà soft law per le migliori pratiche.

Vedremo come si verrà in concreto a declinare questo aspetto della governance. Ma di certo non si potrà prescindere né dai principi del GDPR - considerato che la stessa intelligenza artificiale si nutre di dati e, in particolare, proprio di quelli di natura personale - né da un ruolo centrale delle Autorità Garanti per la protezione dei dati a livello nazionale nelle decisioni strategiche complessive e nelle regolazioni settoriali.

L’intelligenza artificiale non è solo mera tecnica, per addetti ai lavori. Ha a che fare con la tenuta stessa di uno Stato democratico. Lo ha ben scritto il presidente della Privacy Stanzione (su la Repubblica, il 18 aprile scorso): «Il discorso sulla tecnica è essenzialmente un discorso sul potere e sulla libertà e, per questo, un discorso sulla democrazia, al cui sviluppo il diritto è chiamato a dare un contributo importante se vuole agire, non subire, l’innovazione». 
Una partita da cui dipenderà il Paese che saremo e che vorremo essere nel terzo decennio di questo secolo.

* Vice presidente Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali

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