Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Strategie Bce/Il cambio di rotta che l’Europa attende sui tassi

di Angelo De Mattia
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Sabato 30 Dicembre 2023, 00:36 - Ultimo aggiornamento: 21:19

Definito il nuovo Patto di stabilità, sia pure con i “pro” e i “contra” indicati dallo stesso ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e dopo la conclusione dell’iter per la definitiva approvazione, non può trascurarsi che è stato così realizzato un nuovo pilastro che dovrebbe ridurre le eventuali preoccupazioni per un serio cambio di impostazione della politica monetaria da parte della Bce. 


A maggior ragione se ci si ferma nella considerazione della parte rigoristica della riforma suscettibile, per di più, di essere prociclica. Un nuovo rapporto si può profilare, comunque, tra governo della moneta e politiche di finanza pubblica dei singoli partner europei. Naturalmente, le decisioni riguardanti la moneta riguardano l’intera Eurozona.
Se si guarda alle conseguenze della perdurante stretta della Bce, innanzitutto in settori di particolare rilievo sociale, si rilevano, in Italia, i tassi variabili dei mutui oltre il 5 per cento, mentre quelli fissi si attestano non molto oltre il 3 per cento. 


Nel contempo, da un lato si ridurrebbe il prezzo delle abitazioni nell’ultimo trimestre intorno al 10 per cento, dall’altro aumenterebbe il numero delle aste immobiliari di circa il 12 per cento, e rallenterebbero le nuove costruzioni: un quadro non certo il migliore possibile per le imprese e soprattutto per le famiglie, da integrare con l’incombere di un aumento dei crediti bancari deteriorati.
Come si rileva da una indagine della Banca d’Italia, cala, per la stretta del credito, la domanda di prestiti da parte di imprese - che rivedono i piani di investimento - e da parte delle famiglie, in particolare nel settore delle abitazioni. A fronte di queste settoriali notazioni di un contesto complessivo che presenta aspetti non distanti anche nell’area, sta la riduzione dell’inflazione che marcia verso il 2 per cento, l’obiettivo a cui la Bce deve tendere perché con il suo raggiungimento possa dirsi osservato il mandato per il mantenimento della stabilità dei prezzi conferitole dal Trattato Ue. 


Al target, dunque, siamo vicinissimi. Come possa l’Istituto ora, con le dichiarazioni dei suoi vertici, la presidente Christine Lagarde in testa, prospettare un allentamento dei tassi solo verso il prossimo giugno, se non oltre, appare inspiegabile, “a fortiori” dopo avere sbandierato che si deciderà volta per volta in base ai dati e che è stata accantonata la “forward guidance”, la prassi delle indicazioni prospettiche.


Queste dichiarazioni contengono anche l’annuncio di una nuova risalita dell’inflazione, che però sarebbe transitoria: ma c’è da allarmarsi quando nella Bce si usa questa espressione, considerato che transitoria era pure nelle dichiarazioni di circa due anni fa l’inflazione la quale, invece, è risultata tutt’altro che transitoria. Poi, comunque, un generico richiamo di questa eventualità concorre a creare, nei mercati, confusione e aspettative contrastanti. 
Invece, l’approssimarsi del 2 per cento di inflazione - anche con la eventuale parentesi della risalita, ammesso che si tratti di una previsione fondata - fa scattare il dovere di procedere a una riduzione dei tassi e, in connessione, come prevede ancora il Trattato, al sostegno alle politiche economiche nell’area. La stessa Abi, guardando agli interessi generali, ha sollecitato, con il presidente Antonio Patuelli, un taglio dei tassi di riferimento.
Intanto calano significativamente i tassi sui Btp.

Se, invece, dovesse combinarsi il segnale rigoristico che viene dalla rivisitazione del Patto con una altrettanto rigoristica politica monetaria andremmo incontro a una nuova fase densa di problemi e non basterebbe far leva sulla crescita per affrontare la riduzione del debito. 


Dopo il tormentato accordo di San Valentino, nel 1984, con la deindicizzazione della scala mobile tagliando tre punti percentuali, la Banca d’Italia ridusse l’allora tasso di sconto, proprio in nome di un nuovo rapporto tra politica economica e politica monetaria. 


Come per molti altri aspetti, il governo della moneta attuato per ben oltre mezzo secolo dall’Istituto di Via Nazionale dovrebbe fare scuola anche a Francoforte, se non si vuole configurare l’unione monetaria come un «rigido accordo di cambio», secondo l’espressione assai efficace adottata da Antonio Fazio, sotto il prevalente influsso tedesco. 
È una prova di autonomia e indipendenza, nonché di alta competenza che la Bce deve finalmente dare, cominciando con una revisione generale della politica monetaria, essendo risultata, quella effettuata qualche anno fa, inefficace, forse alimentata da un “intento-vetrina”. Una revisione che riguardi anche la comunicazione e i legami con la funzione di Vigilanza bancaria, dando un segnale, non certo nei tempi finora previsti, dell’avvio della riduzione dei tassi in doverosa ottemperanza ai termini del mandato.

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