Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Conti pubblici/Il patto per l’Italia che può servire a fare le riforme

di Angelo De Mattia
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Venerdì 8 Settembre 2023, 00:18

Che le condizioni di contesto insieme con la situazione dei conti spingano per una manovra di bilancio che deve essere, mai come ora, rigorosa e concentrata, mentre nel secondo trimestre si registra per di più un calo del Pil del -0,4 per cento, è inoppugnabile. Ciò presuppone una rigorosa selezione dei settori in cui intervenire - in particolare, lavoro e investimenti, sanità, famiglie - e, dunque, la preventiva opposizione ai potenziali “mille rivoli”, per non parlare del consueto “assalto alla diligenza” soprattutto nelle fasi finali dell’iter parlamentare di approvazione della manovra.


Accanto alla prudenza saranno quindi necessari due altri requisiti, la coerenza e la parresia, la completa chiarezza cioè nel parlare alla politica e ai cittadini di un impegno che varrebbe 30 miliardi e che presuppone particolare rigore nel reperimento delle risorse. Se, comunque, si sostiene, a ragione, che le politiche di un Governo vanno giudicate con riferimento all’intera legislatura, allora, accanto alla proposta di bilancio, su cui potrebbe pesare nel prossimo anno un aumento del Pil inferiore a quello stimato dal Documento di economia e finanza (Def) nell’1,5 per cento con conseguenze sul rapporto con il deficit, sarebbe opportuno, oltre alla stessa Nota di aggiornamento del Def, una impegnativa rappresentazione programmatica che copra i quattro anni della legislatura e abbia al centro le riforme strutturali ancor da realizzare e il collegamento con il Piano nazionale di ripresa e resilienza. 


Sulle riforme andrebbe saggiata la possibilità di un’ampia convergenza tra le forze politiche e sociali in nome di un “patto per l’Italia”, maggiormente ora che anche il governo tedesco lancia un “patto per la Germania”. 
Posto, quindi, quel che si richiede al Governo Meloni, devono poi essere tenuti presenti due fondamentali convitati di pietra che pesano sulla manovra e, più in generale, sulla politica economica e sociale: il Patto di stabilità e la sua riforma, da un lato, le decisioni di politica monetaria della Bce, dall’altro. Quanto al primo, è necessario arrivare in quest’anno a una rivisitazione perché, diversamente, si correrebbe il rischio della riviviscenza rigoristica del Patto sospeso per il covid, fonte di grave impatto sull’economia. L’ex premier Mario Draghi segnala questo rischio e addita la necessità di integrare la flessibilità che la proposta di modifica elaborata dalla Commissione Ue contiene con un accentramento fiscale nell’Unione fondato sulla messa in comune, ad opera dei partner europei, di interventi e risorse.


E’ un progetto che, per le innovazioni politiche e istituzionali che comporta, non è realizzabile dall’oggi al domani; indica tuttavia un percorso che non è una cessione di sovranità nazionale, ma la compartecipazione all’esercizio di una sovranità a un più alto livello.

Ai nostri fini, per ora è sufficiente trarne l’esigenza di integrare la suddetta flessibilità. La proposta della “golden rule” per determinate categorie di investimenti pubblici, da sottrarre al vincolo del pareggio di bilancio, non dovrebbe essere ritenuta di certo una rivoluzione. Così come discutere, in correlazione, pure del Mes e dell’Unione bancaria, non sarebbe una forzatura. Trattare per una convergenza a livello comunitario è imperativo e si è tanto più forti quanto più si è rigorosi e coerenti nella politica di bilancio. 


Poi vi è la “convitata” Bce. In questi ultimi giorni, in vista della riunione del Direttivo del 14 settembre, sono aumentate le dichiarazioni di esponenti dell’Istituto che segnalano la prossimità al “picco” del livello degli interessi di riferimento, pur non mancando affermazioni difformi di esponenti della Bundesbank. Tuttavia le condizioni dell’economia dell’area, ma anche della stessa Germania, richiederebbero una pausa negli aumenti del costo del denaro, imponendosi un bilanciamento diverso tra quest’ultimo e il sostegno a famiglie e imprese. 
Ancor prima, è fondamentale la prevenzione di una pur possibile recessione.

L’errore grave della Bce nel non aver previsto e contrastato d’anticipo l’impennata dell’inflazione non può ora essere seguito dalla persistenza di una politica come se il quadro di riferimento fosse immutato e non gravasse il rischio di una caduta dell’economia che si rifletterebbe pure sulla stabilità monetaria e su quella finanziaria. L’ einaudiano che “sta in noi” impegna, dunque, diversi soggetti istituzionali che sono chiamati a dar conto del loro operare.

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