Pio D'Emilia
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La crescita cinese corre? Ecco cosa imparare da loro

di Pio D'Emilia
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Martedì 29 Dicembre 2020, 12:53

L'economia cinese si appresta a sorpassare quella americana entro il 2028. Cinque anni prima di quanto sinora prevedevano i grandi esperti e la maggior parte delle istituzioni finanziarie internazionali. Merito della pandemia afferma in un suo recente rapporto il Cebr (Center for economics and business research), uno dei più autorevoli e ultra conservatori think thank americani. «Non solo la Cina ha combattuto con maggiore efficacia il virus dal punto di vista sanitario si legge nel rapporto (https://cebr.com/service/macroeconomic-forecasting/) - ma anche dal punto di vista economico e finanziario ha saputo reagire con efficacia e immediatezza.

Tradotto, significa che il ferreo lockdown imposto nei primi mesi dell'anno e che coinvolse, vale la pena ricordarlo, oltre 150 milioni di persone, tre province (Hubei, Liaoyang e Jianxi) e 80 città, comprese le 4 grandi metropoli di Chong Qing, Shangai, Pechino e Tianjing ha funzionato (così come funzionano quelli più circoscritti che continuano ad essere imposti localmente) e che la Cina e le sue imprese, dai più grandi conglomerati di Stato alle piccole e medie imprese, sono gli unici al mondo a chiudere in attivo quest'anno maledetto. Il dato ufficiale definitivo non è ancora noto, ma sono oramai un po' tutti d'accordo nel ritenere che la crescita del Pnl per la Cina quest'anno sarà attorno al 2%, mentre i profitti delle piccole e medie imprese registreranno un aumento medio del 15%. Roba da far invidia alla Toyota degli anni d'oro.


Ma non basta. La Cina nei prossimi anni continuerà a crescere ad un tasso del 5,7%, se non di più, a fronte degli altri grandi Paesi industriali che dovranno accontentarsi del 2%. Il tutto, conclude il rapporto del Cebr e non potrebbe essere altrimenti, visto chi lo finanzia rappresenta la vera minaccia per l'Occidente, e non la pandemia. Una Cina sempre più potente e arrogante, pronta ad entrare nelle nostre case ma ad impedire a chiunque di entrare nella sua, specie per quanto riguarda la gestione dei diritti umani. Meno male che anche se magari lo pensano gli esperti del Cebr evitano di suggerire la guerra tout court, per arrestare questa minacciosa avanzata.
Personalmente, non sarei così preoccupato. Da che mondo è mondo la crescita di un popolo, di una nazione, di una regione finisce per beneficiare tutti. E questo è ancor più vero oggi, con le economie nazionali e regionali sempre più interconnesse e la globalizzazione una realtà acquisita.

Se poi avessimo tempo e voglia di studiarci un po' la storia, vedremo che la Cina ha subito molte più aggressioni e umiliazioni di quante ne abbia imposte agli altri. E che quanto succede oggi nello Xinjiang nei confronti della minoranza mussulmana degli Uighur è nulla rispetto alle ripetute spedizioni punitive, alle vere e proprie stragi, perpetrate in India dalle milizie hindu, nel Kashmir, nel Tripruta, nel Bengala Occidentale sempre nei confronti delle comunità islamiche e altre minoranze religiose, compresi i cristiani, Solo che non costituendo l'India non ancora: ma lo sarà presto una minaccia all'equilibrio economico e geopolitico del mondo, nessuno ne parla. Il successo della Cina e della sua economia dovuto alle storiche scelte di Deng Xiaoping ma anche, innegabilmente, all'efficace gestione dell'attuale dirigenza non deve far paura. Tutt'altro.


Intanto deve incutere rispetto e perché no, ammirazione. Esattamente come rispetto e ammirazione ha avuto il mondo nei confronti della rinascita, nel dopoguerra, di Paesi distrutti come l'Italia, la Germania, il Giappone. Rinati grazie all'impegno e al sacrificio dei suoi cittadini, ma anche dei soldi americani. La Cina invece, non l'ha aiutata nessuno. Ecco perché, con i tempi che corrono e aiuti finanziari a parte, può e deve rappresentare una speranza, uno stimolo per tutti noi nel cercare di ritrovare la via della crescita e dell'impegno quotidiano. Possibilmente insieme, visto che le risorse sono quelle che sono ed il pianeta è ridotto come sappiamo.
L'anno scorso ho avuto la possibilità di attraversare buona parte della Cina seguendo la cosiddetta nuova Ferro-Via della Seta. I treni che oramai da anni, e sempre più numerosi, partono dalle grandi città cinesi e arrivano in Europa. Il problema, anche qui, non è quello che arrivano pieni di merci di cui l'Europa evidentemente ha bisogno. Ma che ripartono semivuoti. E non certo perché la Cina non ha bisogno dei nostri prodotti o chiuda il proprio mercato, oggettivamente sempre più aperto. Anziché sperare, come andava sostenendo negli ultimi tempi l'oramai ex segretario si stato Usa Mike Pompeo, nella sempre più improbabile ribellione dei cinesi al loro regime, cerchiamo di capire come possiamo rilanciare le nostre economie, guardando alla Cina non come una minaccia, ma come una grande opportunità. E facciamo studiare ai nostri figli il cinese, oltre all'inglese. Tornerà utile.

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