Gli errori dem/ La bandiera ammainata del garantismo

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Mercoledì 27 Novembre 2019, 00:15
Quando, un anno fa, il Parlamento approvò la Legge che sospendeva la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, il governo promise solennemente che la sua entrata in vigore, differita al 1 Gennaio 2020, sarebbe stata accompagnata da una radicale riforma volta ad accelerare il processo penale. All’epoca lo definimmo un vasto e utopistico programma, perché la riscrittura di un codice richiede tempi di preparazione e di discussione incompatibili con quelli ipotizzati. Ma, in teoria, un programma coerente, perché se davvero la sospensione della prescrizione fosse subordinata ad un’ effettiva velocizzazione dei processi il problema sarebbe risolto da sé: i reati non si prescriverebbero più per il semplice motivo che verrebbero accertati e puniti in tempi brevi.

I primi dubbi sulla sincerità di quella promessa erano già sorti quando era stato respinto un emendamento dell’on. Bartolozzi, volto a collegare le due riforme promulgandole insieme, come sarebbe stato ragionevole. 
Ma il governo ribadì che, anche se approvati in momenti differenti, i due provvedimenti sarebbero stati, alla fine, simultanei: insieme stanno, o insieme cadono. E le perplessità aumentarono.

Caduto il governo di allora, della riforma del processo non si è più sentito parlare, se non in termini generici e con intenzioni cartacee, intendendosi per tali le norme che impongono, sulla carta, la riduzione dei tempi senza apprestare le idonee strutture organizzative e ordinamentali. In conclusione, tra un mese il mostro giuridico della prescrizione entrerà in vigore, e i processi continueranno a durare un’eternità. Questa anomalia, come abbiamo detto più volte, confliggerà con il diritto dell’imputato a una durata ragionevole del giudizio, e con quello delle vittime a un sollecito risarcimento, che avviene solo con la sentenza definitiva. Un colossale pasticcio contro il quale hanno protestato, una volta tanto uniti, avvocati, magistrati, e, cosa ancor più singolare, la destra e la sinistra. Si, la sinistra, perché il Pd, allora come oggi, ha manifestato e continua a manifestare il suo dissenso, chiedendo il rinvio di questa sciagurata novità.

Oggi tuttavia il Pd è al governo. E qui si impongono due considerazioni.
La prima. I protagonisti di questa singolare vicenda stanno ancora lì. Il presidente Conte e il ministro della Giustizia Bonafede sono gli stessi che un anno fa si impegnarono alla contestualità dei due progetti, e tuttavia sembrano smentire sé stessi. Perché di fronte alla recente richiesta dell’opposizione di un decreto legge che rinvii la riforma della prescrizione hanno dichiarato che intanto si proceda, e poi quella del processo verrà da sé. Per dirla in linguaggio accademico, il simul stabunt simul cadent è stato sostituito da un rozzo exequatur. Che in termini brutali significa: arrangiatevi con quello che avete, e andate in Russia con le scarpe di cartone. Ora, benché la politica non sia necessariamente l’arte della lealtà e della coerenza, Conte e Bonafede dovranno pur dare una spiegazione di questo voltafaccia. La daranno, e saranno convincenti? Vedremo.

La seconda. Il Pd un anno fa non era al governo. Ma sarebbe assurdo se cercasse di cavarsela chiamandosi fuori dalla responsabilità di un simile imbroglio. Perché, e questo rende onore alla sua componente garantista, si è sempre opposto a una riforma così smaccatamente giacobina. Ora sta a lui se accogliere la proposta dell’opposizione rinviandone l’entrata in vigore, o adeguarsi al diktat grillino smentendo sé stesso e i suoi esponenti più autorevoli, primo fra tutti l’ex ministro della giustizia Orlando. E’ vero che sinora ha ingoiato numerosi bocconi amari, ma questo sembra addirittura indigesto e forse avvelenato. Il Pd ha una solida tradizione di cultura politica, e non si affida a slogan emotivi come i suoi soci. Ma se dovesse cedere anche su quest’ultimo baluardo, non gli resterebbe che affidarsi al popolo delle sardine. Un nome che peraltro evoca immagini funeste, perché “ scatole di sardine” erano chiamati i carri di latta dove i nostri soldati morivano imprigionati sotto il fuoco degli inglesi. Una fine che anche il Pd rischia di fare, se si lascia imprigionare dalla demagogia grillina.
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