La circolare delle entrate sul bonus 3000 euro per i figli. Scansani: “norma incompleta”

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Venerdì 4 Agosto 2023, 12:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Settembre, 08:00

Un commento alle nuove indicazioni per i bonus ai dipendenti con figli a carico, fino a 3mila euro senza imposte contenute nella circolare n.23/E dell’Agenzia delle Entrate del 1 agosto 2023

Pronte le istruzioni per i datori di lavoro che intendono erogare ai propri dipendenti con figli a carico somme o rimborsi a titolo di benefit. La circolare n. 23/E dell’Agenzia delle Entrate del 1 agosto 2023 fornisce i chiarimenti sulla nuova disciplina del welfare aziendale, a seguito delle novità introdotte dal “Decreto lavoro” che ha innalzato per il 2023 fino a 3mila euro (al posto degli ordinari 258,23 euro) il limite entro il quale è possibile riconoscere ai dipendenti beni e servizi esenti da imposte (ma la platea dei beneficiari è ristretta a coloro che hanno figli a carico). Lo stesso decreto (Dl n. 48/2023) ha inoltre incluso tra i “bonus” che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente anche le somme erogate o rimborsate ai lavoratori per il pagamento delle utenze domestiche di energia elettrica, acqua e gas.

Per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, dunque, sono esenti dall’Irpef, così come dall’imposta sostitutiva sui premi di produttività, i benefit fino a 3mila euro ricevuti dal datore di lavoro. Rientrano nell’agevolazione anche le somme corrisposte o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. La circolare precisa che l’agevolazione si applica in misura intera a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un solo figlio, purché lo stesso sia fiscalmente a carico di entrambi, e ricorda che, per il Fisco, sono considerati a carico i figli con reddito non superiore a 2.840,51 euro (al lordo degli oneri deducibili). Poiché il beneficio spetta per il 2023, questo limite di reddito – che sale a 4mila euro per i figli fino a 24 anni – deve essere verificato al 31 dicembre di quest’anno. Il documento chiarisce inoltre che la nuova agevolazione spetta a entrambi i genitori anche nel caso in cui si accordino per attribuire la detrazione per figli a carico per intero al genitore che, tra i due, possiede il reddito più elevato.

Per accedere al beneficio, il lavoratore deve dichiarare al proprio datore di lavoro di averne diritto, indicando il codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico.

Non essendo prevista una forma specifica per questa dichiarazione, la stessa può essere resa secondo modalità concordate tra le due parti. Naturalmente, al venir meno dei presupposti per l’agevolazione – per esempio nel caso in cui, nel corso dell’anno, un figlio non sia più fiscalmente a carico – il dipendente è tenuto a darne tempestiva comunicazione al datore di lavoro. Quest’ultimo recupererà quindi il beneficio non spettante nei periodi di paga successivi e, comunque, entro i termini per le operazioni di conguaglio.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate ha riacceso le polemiche sulla norma. “Una misura incompleta. E per la sua formulazione anche fonte di disparità troppo marcate – spiega Giovanni Scansani, esperto di welfare aziendale, ceo e co-founder di Bonoos srl – Famiglia non è solo i figli dei lavoratori, ma anche i lavoratori come figli e quindi si poteva aggiungere anche l’aspetto della presenza di genitori anziani dei quali il lavoratore sia caregiver. Oltre al carico fiscale, infatti si dovrebbe dare sostegno anche al carico di cura. Su quest’ultimo aspetto interessanti sono le sinergie tra benefit aziendali e benefit pubblici (bonus e agevolazioni): le aziende più attente le stanno realizzando”.

E ritornano alla mente anche le critiche espresse fin dalla presentazione della norma da parte del presidente di Aiwa, Emmanuele Massagli: “Non critico l’intento della norma, legittimo politicamente. Ma se l’obiettivo è convincere a fare figli, non si può fare con una misura che scade fra 7 mesi. Se invece si tratta di una premialità welfare per chi ha figli, il paradosso è ancora più forte. Perché il welfare prevede già misure con finalità sociali specifiche, come asili nido e babysitter. Qui invece si aumenta la soglia dei voucher e delle card che è un’altra cosa”.

Solo il 17% dei lavoratori dipendenti italiani incassa fringe benefit, ad integrazione della retribuzione. “E le grandi aziende – spiega ancora Massagli – hanno già piani interni che non permettono, in base al codice etico, discriminazioni di nessun tipo”.

Marco Barbieri

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