Statali, cambia lo smart working: fasce orarie e richiesta di presenza per il servizio da casa

Statali, cambia lo smart working: fasce orarie e richiesta di presenza per il servizio da casa
di Andrea Bassi
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Martedì 8 Giugno 2021, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 9 Giugno, 10:14

Il tavolo per il rinnovo del contratto degli statali è entrato nel vivo. L’Aran, l’Agenzia pubblica che tratta per il governo, ha fatto avere ai sindacati una prima bozza con le sue proposte per avviare la discussione. E il primo punto che sarà affrontato riguarda lo smart working. Sin dalle prime battute del documento inviato alle parti sociali, viene marcata una netta discontinuità con il passato, quando con il governo giallo-verde e sotto la guida dell’allora ministro per la Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, il lavoro agile era stato definito come la modalità «ordinaria» di svolgimento del lavoro. Nella bozza del contratto, invece, viene chiarito che si tratta solo di «una delle possibili modalità di effettuazione della prestazione lavorativa». Ma soprattutto viene precisato che lo smart working è «finalizzato a conseguire il miglioramento dei servizi pubblici e l’innovazione organizzativa garantendo, al contempo, l’equilibrio tra vita professionale e vita lavorativa».

Toccherà alle singole amministrazioni, si legge, stabilire quali sono i lavori che potranno essere svolti in modalità agile.

Restano esclusi «i lavori in turno e quelli che richiedono l’utilizzo costante di strumentazioni non remotizzabili». Insomma, non tutti i dipendenti potranno lavorare da remoto. Ma del resto il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, aveva già chiarito che il lavoro agile non sarebbe un diritto soggettivo. Comunque il contratto prevede che le amministrazioni stabiliscano dei «criteri di priorità» per l’accesso allo smart working. Tra le categorie alle quali dovrà essere data la precedenza, nella bozza del contratto ne sono indicate tre. La prima sono i genitori con figli di età inferiore a tre anni. La seconda sono i lavoratori portatori di handicap in situazioni di difficoltà; e la terza sono i cosiddetti «caregiver», ossia i dipendenti che assistono familiari con handicap e in situazioni di difficoltà. Spetterà, come detto, invece alle singole amministrazioni in accordo con i sindacati, stabilire a quali altre categorie assegnare una corsia preferenziale. 

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Il capitolo

Ma il capitolo più innovativo è probabilmente quello che parla della «articolazione della prestazione e del diritto alla disconnessione». La giornata, sull’intero arco delle 24 ore, verrà distinta in tre fasce. Ci sarà una prima fascia oraria, nella quale il lavoratore deve essere tempestivamente operativo e, pertanto, in grado di iniziare entro un brevissimo lasso di tempo i compiti e le attività richiesti. Questa “Fascia 1” è quella necessaria per finalità di coordinamento con altri componenti dell’organizzazione, per ricevere indicazioni e direttive circa l’esecuzione del lavoro o, comunque, per esigenze organizzative, di funzionalità e di efficacia nell’erogazione dei servizi. Poi ci sarà una seconda fascia oraria (la “fascia 2”) nella quale il lavoratore sarà contattabile telefonicamente, via mail o con altre modalità similari, ma non sarà richiesta una operatività immediata. Infine ci sarà la “fascia 3” quella della disconnessione, in cui il lavoratore non può fornire alcuna prestazione (e comprende il divieto di lavoro notturno). La bozza prevede anche che durante lo smart working non possono essere richieste prestazioni di lavoro straordinario, effettuate prestazioni in turno, trasferte, reperibilità e lavoro disagiato. Cosa che, probabilmente, farebbe venir meno le indennità economiche collegate. Intanto venerdì scorso si è riunita anche la Commissione tecnica dell’Osservatorio per il lavoro agile presieduta dal presidente dell’Aran Antonio Naddeo. La Commissione sta studiando e valutando anche le migliori esperienze che sono maturate nel mondo privato e che potrebbero essere replicate anche nel pubblico. 

 

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