Lavoro agile emergenziale fino a fine luglio, ossia per tutta la durata dello stato di emergenza, che il governo ha esteso con il decreto Covid sulle riaperture del 26 aprile. In pratica le aziende potranno continuare a far ricorso allo smart working senza dover sottoscrivere accordi individuali a monte, diversamente da quanto previsto dalla legge n. 81 del 2017 contenente le misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato. Lo stato di emergenza di fatto autorizza le imprese a bypassare le intese sul lavoro da remoto tra dirigenti e lavoratori e ad adottare regole semplificate. Ma non è nemmeno escluso che lo smart working venga prolungato fino a settembre, da un lato per dare tempo alle vaccinazioni di progredire e all'immunità di gregge di concretizzarsi e dall'altro per concedere alle aziende il tempo necessario per riorganizzarsi e pianificare il lavoro agile nella fase post emergenziale.
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Gli statali
Diverso il discorso per il lavoro agile nella Pubblica amministrazione. Le disposizioni emergenziali attualmente in vigore prevedono che almeno il 50 per cento degli statali smartabili lavori da casa, ma com'è noto il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta non vuole che lo smart working sia sottoposto a rigide percentuali.
Se prima dell'emergenza sanitaria erano appena 570 mila i lavoratori che ricorrevano al lavoro agile, in pieno lockdown sono stati 6,5 milioni gli italiani che hanno dovuto cambiare il modo di lavorare e ancora oggi in 5 milioni continuano a operare da remoto (nelle grandi imprese il 54% dei dipendenti è in smart working). È quanto emerso nel corso dell'ultimo webinar sul lavoro agile organizzato dall'Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche. Stando ai dati in possesso dell’Osservatorio sul lavoro agile del Politecnico di Milano, lo smart working interesserà invece nei prossimi mesi tra i 3 e i 5 milioni di lavoratori.
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