Rottura Open Fiber-banche, nuovo vertice in extremis. Netta divergenza sulla ripartizione dei 3,2 miliardi

Sempre in pericolo la continuità aziendale, con la società che teme di andare in default

Rottura Open Fiber-banche, nuovo vertice in extremis. Netta divergenza sulla ripartizione dei 3,2 miliardi
di Rosario Dimito
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Mercoledì 17 Aprile 2024, 17:53

Resta fermo al palo il negoziato fra banche, soci e Open Fiber (OF) per il risanamento della società che dovrà connettere le aree bianche e le aree grigie (quelle a fallimento di mercato con sfumature diverse, perchè nessun operatore intende investire). Allo stato c’è una netta divergenza sulle modalità della cintura di salvataggio in due tempi fra azionisti e creditori. Per scongiurare il default, si tenta di giocare l’ultima carta chiamando un secondo summit di emergenza: dopo la riunione di lunedì 24 a Milano, presso Lazard, advisor di OF, che non ha portato da nessuna parte con la continuità aziendale sempre in pericolo, il nuovo tentativo si terrà domani dalle 13 alle 15, via Teams fra banche, soci, Open Fiber e consulenti. Questo nuovo appuntamento arriva dopo la riunione di ieri mattina in videocall fra le 14 banche principali, guidate da Unicredit, Intesa Sanpaolo, Bpm, Bnp Paribas, Santander, Credit Agricole, Ing, SocGen che hanno respinto in toto la risposta di qualche giorno prima, dei legali dello studio White & Case per conto della società guidata da Giuseppe Gola rispetto alle proposte degli istituti, assistiti dallo studio Gop: bocciatura del bridge entro maggio di circa 1,2 miliardi, fra leva ed equity e del fabbisogno long term a tre anni da complessivi 2 miliardi (sempre fra debito ed equity) entro l’autunno.

OF per conto dei soci Cdp che ha il 60% e Macquarie (40%) avrebbe tentato di far procedere il piano finanziario con lo scongelamento di una linea committed per circa 800 milioni, bloccata perchè sono state violate alcune conditions precedents che sono condizioni contrattuali per il tiraggio del finanziamento.

Questa tranche è un residuo del project financing da 7,2 miliardi rimodulato qualche anno fa. Abbinato a questo scongelamento ci sarebbe un apporto di equity da parte dei soci per totali 375 milioni.

IL PRESSING

Questa manovra d’urto da circa 1,2 miliardi è collegata alle linee guida del nuovo piano industriale al 2032 che contiene il nuovo fabbisogno da complessivi 2 miliardi circa. Sulla concessione di queste risorse le parti sono distanti perchè gli istituti chiedono 50% leva e 50% equity (1 miliardo circa a testa), mentre la lettera di risposta di Open Fiber precisa una percentuale del 65% a carico dei creditori (1,3 miliardi) e 35% (700 milioni) dei soci, di cui 420 milioni di Cdp e 280 milioni di Macquarie. L’altro punto di differenziazione è la successione tra l’iniezione di equity e la leva con gli istituti che hanno chiesto agli azionisti di fare per prima la loro parte ricevendo un rifiuto con la controproposta del pari passu e infine ci sarebbe la richiesta del coinvolgimento di Sace.

Per Open Fiber sono ore febbrili perchè è in bilico il destino di 1.700 dipendenti con tutte le conseguenze del caso, anche in termini di ricadute sul governo: di qui il pressing sulle banche.

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