Per quasi mezzo milione di famiglie che percepiscono il reddito di cittadinanza è arrivato il momento di dire addio all’aiuto. Con la riforma del governo Meloni, che prevede l’introduzione dell’Assegno di inclusione (Adi) e del Supporto per la formazione e il lavoro, si dimezzerà la platea dei nuclei percettori della prestazione di sostegno introdotta prima del Covid dal governo Lega-5 Stelle. Così l’ultimo rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio: «Secondo una stima condotta con il modello di microsimulazione dell’Upb, alimentato da un campione longitudinale di dati amministrativi relativi alle dichiarazioni Isee, su 1,2 milioni di nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza circa 400mila non accederanno all’Assegno di inclusione, perché al loro interno non sono presenti soggetti tutelati». I soggetti tutelati sono minori, disabili e over 60. «Altre 97.000 famiglie – aggiunge l’Upb – verranno escluse per effetto dei nuovi vincoli di natura economica».
LA MODIFICA
Per avere diritto all’Adi sarà necessario, per esempio, un reddito familiare pari o inferiore a seimila euro annui, moltiplicati per la scala di equivalenza.
Sempre l’Ufficio parlamentare di bilancio: «Il decreto Lavoro porta a compimento il ridisegno delle misure di contrasto alla povertà avviato dal governo con la legge di Bilancio, introducendo un nuovo strumento, l’Assegno di inclusione. I soggetti tra 18 e 59 anni di età non disabili e non impegnati in lavoro di cura sono esclusi dalla misura, a meno che non siano anagraficamente conviventi con soggetti non in grado di lavorare». A favore di questi ultimi è stato introdotto il Supporto per la formazione e il lavoro, un sostegno della durata massima di 12 mesi condizionato alla partecipazione a progetti di formazione, di orientamento e di accompagnamento al lavoro. Obiettivo: contrastare in modo efficace i disincentivi alla partecipazione al mercato del lavoro tipicamente connessi alle misure universali di contrasto alla povertà.
I CRITERI
Infine, i criteri di calcolo del nuovo assegno comportano una ridefinizione degli importi, che saranno in generale più elevati rispetto agli attuali per i nuclei con disabili e per quelli con figli minori di tre anni. «I nuclei con disabili sono quelli maggiormente avvantaggiati dalla riforma, con un aumento medio del beneficio di 64 euro mensili», si legge nel report dell’Upb. Per quanto riguarda i nuclei con minori non disabili, la metà vedrà incrementare il beneficio complessivo (+124 euro medi mensili) mentre gli altri riceveranno cifre inferiori ad adesso.
L’Upb accende un faro anche su Pil e Pnrr. La crescita del prodotto interno lordo tricolore nel primo trimestre di quest’anno, +0,6% in termini congiunturali, è risultata migliore delle attese. Per quanto riguarda il Pnrr, il piano avrà un impatto sul Pil di quasi 3 punti percentuali al 2026, stima l’Upb, «ma le conseguenze della sua riformulazione dovranno essere attentamente valutate».