Arriva il piano d’emergenza dell’Europa contro i rincari in bolletta. L’Ue punta a riformare il mercato elettrico per sganciare il costo dell’energia elettrica da quello del gas, mentre sullo sfondo si torna a ragionare di tetto al prezzo del metano all’ingrosso. La fiammata senza precedenti del gas sulla piazza di riferimento europea di Amsterdam - che ieri ha chiuso in lieve calo, ma pur sempre a 282 euro al megawattora - plana sul tavolo di Bruxelles alla ricerca di una soluzione europea alla crisi energetica. «L’impennata dei prezzi dell’elettricità sta mettendo a nudo tutti i limiti del funzionamento attuale del mercato elettrico, che era stato concepito in un contesto molto diverso (trent’anni fa, ndr) e per servire altri obiettivi. Per questo stiamo lavorando a un intervento di emergenza e a una riforma strutturale del mercato», ha annunciato ieri la presidente della Commissione Ursula von der Leyen durante il suo intervento al Bled Strategic Forum, in Slovenia.
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LA STRADA
Dal palco, von der Leyen ha anche ribadito che «dobbiamo prepararci a una potenziale interruzione totale delle forniture di gas russo», alla vigilia della nuova chiusura dei rubinetti del gasdotto Nord Stream programmata dal monopolista di Stato russo Gazprom che durerà tre giorni, da domani a venerdì.
In concreto, però, l’opzione che la presidenza ceca metterà sul tavolo dei Ventisette e che potrebbe rompere la contrapposizione tra Nord e Sud Europa alla ricerca di un accordo, riguarda il tema evocato ancora ieri da von der Leyen a Bled: una riforma del mercato che porti a quello che nel gergo bruxellese è indicato come “decoupling”. Il disaccoppiamento, cioè, della definizione del prezzo dell’energia elettrica dal costo marginale della fonte di fatto più cara (l’ultima che entra in funzione per soddisfare la domanda), primato che spetta al metano. Il gas finisce così per far schizzare il costo dell’elettricità anche quando la corrente è generata da fonti decisamente più economiche come il nucleare o le rinnovabili, e benché queste rappresentino due terzi dell’elettricità generata in Europa.
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Insomma, un «legame che non ha più senso», come lo aveva bollato la settimana scorsa al Meeting di Rimini il premier Mario Draghi, che da mesi ha schierato l’Italia insieme a Spagna, Grecia, Romania e Francia tra i principali sostenitori nell’Unione della necessità di rivedere i meccanismi per la definizione del costo dell’energia elettrica per gli europei. Finora i “falchi” del Nord si erano dimostrati scettici, ma nelle ultime ore sono arrivate aperture di primo piano. A cominciare dall’insospettabile Austria, tradizionalmente rigorista ma adesso convinta che bisogna «fermare la follia in atto sui mercati energetici» - parole del cancelliere Karl Nehammer - e ricondurre il prezzo dell’elettricità ai costi effettivi per la produzione di corrente. E pure la Germania, dove ieri il prezzo dell’energia elettrica per le consegne fisiche al 2023 ha sfondato per la prima volta i 1000 euro al megawattora, sembra adesso possibilista. «Valuteremo con attenzione gli strumenti a disposizione per abbassare i costi dell’energia elettrica», ha assicurato Scholz da Praga, mentre poco prima da Berlino il suo vice Robert Habeck aveva parlato di una «riforma fondamentale» per slegare il prezzo dell’elettricità da quello del gas.