Flat tax, a chi conviene di più tra dipendenti e autonomi? Calcoli ed esempi

Il governo Meloni ragiona sull'estensione della flat tax incrementale al 15% per i lavoratori dipendenti. Per ora il progetto, però, non farà parte della prossima riforma fiscale. A chi converrebbe di più la tassa piatta?

Flat tax al 15%, a chi conviene di più tra dipendenti e autonomi? Calcoli ed esempi
di Giacomo Andreoli
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Mercoledì 21 Giugno 2023, 16:34 - Ultimo aggiornamento: 23 Giugno, 16:10

Il governo ragiona sull'estensione della flat tax. La tassa piatta al 15% per ora vale solo per gli autonomi con un reddito annuo fino a 85mila euro. La prossima riforma fiscale dovrebbe prevedere un'estensione anche ai dipendenti, d'altronde è un obiettivo di legislatura della maggioranza. L'esecutivo, però, per ora prende tempo. 

Secondo un emendamento dello stesso governo alla legge delega si punterà innanzitutto su meno tasse sulle tredicesime, sui premi di produttività e sugli straordinari, poi si parlerà di flat tax incrementale (il pagamento del 15% di tasse sui guadagni extra tra un anno e un altro). A fine 2023 o a fine 2024 potrebbe arrivare un'aliquota fiscale unica sulla mensilità in più di fine anno, forse proprio il 15%, anche se il viceministro dell'Economia Maurizio Leo ancora non si sbilancia.

Ma a chi converrebbe di più oggi la flat tax?

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Il confronto tra partite Iva e lavoro dipendente

L’estensione della flat tax per le partite Iva fino a 85mila euro per il 2023 sta favorendo molto i lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti. La sproporzione è stata segnalata nei mesi scorsi in uno studio del Servizio politiche fiscali della Uil, secondo cui gli autonomi entro la nuova soglia di reddito pagheranno fino all’800% in meno di Irpef rispetto ai dipendenti.

Un autonomo che ha un fatturato di 85mila euro lordi ogni anno potrebbe pagare circa 27mila euro in meno di Irpef rispetto a un dipendente che ha lo stesso reddito ogni dodici mesi. Questo è il caso di maggiore diseguaglianza, che si riduce all'abbassarsi degli stipendi. Lo scarto è generato dal fatto che con il regime forfettario si paga una tassa piatta al 15%, mentre per i lavoratori dipendenti l’Irpef va dal 23% al 43% a seconda del reddito.

Alla percentuale dell’800% si arriva paragonando l’Irpef pagata da un lavoratore autonomo nel settore del commercio alimentari e bevande, con 85mila euro di fatturato e dipendenti o pensionati con lo stesso reddito: lo scarto di tasse è quasi 4mila euro contro poco meno di 31mila.

E ancora, secondo i calcoli elaborati dall’Osservatorio conti pubblici italiani dell’università Cattolica, se ad esempio un idraulico con ricavi per 65mila euro all’anno aderisce alla flat tax, paga costi forfettari per la sua categoria di circa 9mila euro, quindi versa tra tasse e contributi quasi 21mila euro e se ne intasca 35mila. Se invece l’idraulico, che fa fatturare lo stesso all’azienda, è un dipendente, tra contributi e tasse paga 28mila euro e il suo reddito netto è di 27.700 euro. 

I vantaggi del lavoro subordinato

Con la partita Iva a cui viene applicata la flat tax si risparmiano migliaia di euro di tasse, con entrate ben più alte rispetto al lavoro dipendente. Ma in queste cifre non si considerano tanti elementi: non solo ferie e malattia, ma anche detrazioni e l’effetto sulla pensione.

Chi ha partita Iva con flat tax non ha diritto a malattie, permessi e ferie pagate. Non solo: i costi per la flat tax si detraggono in modo forfettario in base al tipo di attività (cioè al coefficiente di redditività previsto per il codice Ateco). Non ci sono quindi le detrazioni Irpef per figli, contributi previdenziali facoltativi, spese mediche e altro.

Tuttavia chi aderisce alla flat tax non paga le addizionali regionali e comunali sul reddito imponibile. La tassa varia da Regione a Regione e da Comune a Comune, ma comunque vale di solito oltre l’1% al livello regionale fino a 15mila euro e fino al 3,33% sull’eccedenza, mentre l’addizionale comunale è di poco sotto all1%.

Flat tax, a chi conviene davvero

Ecco che la flat tax, in forma completa e non incrementale, converrebbe di più a chi è dipendente, perché si sommerebbe ai benefici che attualmente hanno rispetto agli autonomi. Tra le fasce di reddito, poi, più si alza la soglia e più la flat tax, non essendo progressiva, diventa vantaggiosa. 

Se fosse applicata la tassa piatta ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 85mila euro, come nel caso delle partite Iva oggi, non solo pagherebbero la stessa aliquota Irpef, ma chi è subordinato avrebbe ferie, malattie, permessi e detrazioni. Il problema è che un'operazione del genere è praticamente impossibile, almeno considerando le risorse attualmente disponibili per lo Stato.

Il costo della flat tax, con un'aliquota del 15% estesa a tutti i contribuenti, è stimato intorno ai 60 miliardi di euro. Una cifra monstre, che fa capire perché il governo ritarda perfino la più modesta flat tax incrementale. Quest'ultima, varata nell'ultima legge di Bilancio per gli autonomi (con tetto massimo di 40mila euro per il periodo di imposta 2023), costa circa 800 milioni l'anno. Estenderla ai dipendenti con gli stessi limiti potrebbe costare anche cinque volte di più, fino a 4 miliardi.

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