Le Borse guardano alle oil company di carburante biojet

Da Neste Oil a Valero Energy, chi è in prima linea nella sfida della transizione

Le Borse guardano alle oil company di carburante biojet
di Roberta Amoruso
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Mercoledì 5 Luglio 2023, 12:30 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 07:56

Autocarri pesanti, navi e aerei. Per questo mondo di mezzi “di peso” è difficile immaginare a breve il futuro elettrificato già proiettato per i veicoli leggeri.

La decarbonizzazione dovrà passare innanzitutto dai biocarburanti, quindi su una soluzione a basse emissioni di CO2. Un’opportunità non da poco visto che oggi quasi il 60% della domanda di petrolio in Europa è consumato dai trasporti. Valutare con precisione attori protagonisti, le tecnologie da essi utilizzate, i benefici e i rischi ambientali associati alle tecnologie per i biocarburanti e il loro potenziale di crescita, è qualcosa da fare con molta cura per gli esperti di Candriam. Ma è proprio qui che si nascondono delle opportunità di portafoglio per chi vuole muoversi con anticipo su un trend già tracciato.

L’IMPATTO AMBIENTALE

L’AIE, Agenzia Internazionale dell’Energia, prevede infatti che il consumo di biocarburanti crescerà del 20% all’anno nel prossimo quinquennio. Tenendo conto che se nel 2020 i biocarburanti rappresentavano il 6,8% del consumo di carburante per il trasporto stradale in Europa, negli Usa rappresentano già il 10% del consumo di benzina. Va detto subito, però, come sottolineato dagli esperti, che quando si valuta il loro potenziale come alternativa ai combustibili fossili convenzionali è importante anche considerare l’impatto ambientale dei diversi tipi di biocarburanti e dei loro processi di produzione. Ma secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), nel 2021 il 70% del diesel rinnovabile è stato ricavato da rifiuti e residui. Dunque, gli incentivi devono continuare a sviluppare la crescita in questo settore, limitando al tempo stesso la produzione di biocarburanti di prima generazione. A che punto siamo? Il mercato del diesel rinnovabile ha subito «una salutare correzione» nel corso del 2022, con alcuni progetti ritardati o cancellati. E oggi si tratta di un comparto dominato da due operatori: la raffineria finlandese Neste e la statunitense Diamond Green Diesel (joint venture tra Valero e Darling). Anche diverse compagnie, come Eni e Total, sono presenti sul mercato in genere attraverso la conversione delle raffinerie.

Mentre Chevron è appena entrata nel settore con l’acquisizione da 3 miliardi di Renewable Energy Group, negli Usa.

DALLA TERRA AL CIELO

In questo contesto, il “biojet”, o carburante per l’aviazione sostenibile (SAF), è considerato il futuro settore in crescita per l’industria. Anche perché le soluzioni elettriche e a idrogeno sono ancora un’ipotesi remota per l’aviazione, lasciando il SAF come unica ipotesi praticabile a medio termine, oltre alla riduzione del traffico aereo. Ad oggi il mercato SAF è in una fase iniziale: nel 2021, gli Stati Uniti hanno prodotto solo 72 milioni di litri di SAF, una goccia nel mare rispetto al consumo annuale di circa 757 miliardi di litri delle compagnie aeree statunitensi prima della pandemia. Ma le previsioni più attendibili dicono che questo consumo di carburante raddoppierà entro il 2050. E gli incentivi in vigore stanno già portando a una crescita esponenziale. Prendiamo il raffinatore statunitense World Energy. È stato il primo operatore nel 2016 e sta espandendo la sua produzione attraverso una partnership con Air Products. Il raffinatore finlandese Neste, da parte sua, è già il più grande operatore nel diesel rinnovabile ed è sulla buona strada per diventare anche il maggior produttore di SAF. A fronte della maggior parte dei produttori di SAF che utilizza un processo simile a quello del diesel rinnovabile, alcune startup stanno esplorando metodi diversi. Gevo e LanzaJet sperimentano il percorso “alcohol-to-jet”, per convertire l’etanolo in carburante per aerei. La tedesca Ineratec lavora sul metodo “power-to-liquids”, la conversione dell’energia da fonti rinnovabili in carburante liquido. Mentre BayouFuels sta progettando un impianto pilota negli Usa per produrre SAF dai rifiuti forestali. Infine, Amyris ed Evolva stanno studiando il ricorso alla biologia sintetica per modificare il metabolismo di batteri, lieviti o alghe al fine di produrre biocarburanti specifici. Dunque, conclude Candriam, i biocarburanti di seconda generazione forniranno il maggior contributo alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’aviazione, a patto che le tecnologie risolvano il nodo dell’imprevedibilità nell’accesso alle materie prime e dei loro prezzi. 

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