Paradisi fiscali, ok dell'Ue alla black list: sono 17

Paradisi fiscali, ok dell'Ue alla black list: sono 17
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Martedì 5 Dicembre 2017, 18:00 - Ultimo aggiornamento: 19:02
L'Ecofin ha approvato la sua prima lista nera dei paradisi fiscali dopo lunghe discussioni sul tema durante ben due anni. La "black list" contiene 17 Paesi: Samoa, Samoa Americane, Bahrain, Barbados, Grenada, Guam, Corea del Nord, Macao, isole Marshall, Mongolia, Namibia, Palau, Panama, Santa Lucia, Trinidad e Tobago, Tunisia, Emirati Arabi.

La lista dei paradisi fiscali "rappresenta un progresso sostanziale", ma "resta una risposta insufficiente all'ampiezza dell'evasione globale", ha detto il commissario Ue agli affari economici, Pierre Moscovici, che chiede ai ministri "di evitare ingenuità sugli impegni: i Paesi che si sono impegnati a cambiare le leggi devono farlo il prima possibile", e poi bisogna pensare a "sanzioni dissuasive".

Oltre alla lista nera, i paesi dell'Unione hanno pubblicato oggi un elenco dei paesi che si sono impegnati a rispettare i criteri comunitari. Una sorta di "lista grigia" in cui vi sarebbero 47 giurisdizioni quali la Svizzera, le isole Cayman, Bahamas, Jersey o Guernesey.

"Avremmo preferito vedere sin da subito una blacklist Ue più lunga e comprensiva dei più noti paradisi fiscali al mondo – ha detto Aurore Chardonnet, policy advisor di Oxfam sui dossier di giustizia fiscale -. Sebbene la pressione esercitata dalla Ue, sembra abbia obbligato alcuni dei più famigerati paesi-paradisi, come Svizzera e Bermuda, a realizzare le riforme necessarie, è indispensabile che gli impegni assunti da questi paesi attualmente inseriti nella lista grigia, siano rispettati entro i termini stabiliti e quindi resi pubblici. In caso contrario, la Ue non deve esitare a includerli nella blacklist. Per porre fine agli abusi fiscali perpetrati, su scala internazionale, da individui facoltosi e grandi corporation -  aggiunge Chardonnet - è cruciale che gli Stati membri adottino in modo coordinato sanzioni difensive efficaci, fiscali e non, contro i Paesi inseriti nella lista nera”.
 
Un processo che, com’è noto, non ha riguardato dal principio i paesi Ue, sebbene alcuni stati membri occupino un ruolo di primo piano nella corsa globale al ribasso sulla fiscalità d’impresa. 

"Nonostante il passo in avanti, non possiamo dimenticare il vizio originale del processo di blacklisting – conclude Chardonnet - i Paesi Ue non sono stati esaminati. Eppure almeno 4 Stati membri dell’Unione consentono oggi a grandi corporation di minimizzare il proprio carico fiscale, con considerevole drenaggio di risorse erariali dalle economie europee e dai paesi in via di sviluppo".  
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