Padoan: avanti con le privatizzazioni. Ma è scontro nel Pd

Padoan
di Luca Cifoni
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Giovedì 16 Febbraio 2017, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 18:02

Avanti con le privatizzazioni non solo per ridurre il debito pubblico, ma anche per aumentare l'efficienza delle società in cui è presente lo Stato. Di fronte a quella che è ormai un'offensiva aperta di alcuni settori del Pd contro il programma di dismissioni del governo, il ministro dell'Economia mette le mani avanti; e lo fa con più energia rispetto ad un altro possibile punto controverso, quello della manovra correttiva da realizzare senza il ricorso a nuove tasse e quindi nemmeno ad aumenti delle accise. In quest'ultimo caso infatti si tratta di trovare eventualmente soluzioni alternative per alcune centinaia di milioni, grandezza rilevante ma non colossale nel bilancio pubblico.

Sulle privatizzazioni invece la partita è più strategica: in ballo ci sono la necessità di dare un segnale chiaro all'Europa ed agli investitori internazionali sulla discesa del rapporto debito/Pil, ma anche - dal punto di vista di Padoan - il rischio di tornare ad una concezione statalista che almeno a parole il centro-sinistra aveva abbandonato dai primi anni Novanta.

LA SVOLTA
Quella svolta invece il ministro dell'Economia, nonché consigliere economico dei premier di centro-sinistra già in quella stagione, non l'ha rinnegata. «La nostra idea non è cambiata» ha spiegato ieri parlando durante la presentazione del rapporto Ocse, «l'obiettivo delle privatizzazioni non è solo far cassa ma anche quello di aumentare l'efficienza manageriale delle imprese che sul mercato subiscono stimoli importanti».

Le voci più che dubbiose uscite dal Pd nei giorni scorsi non sono malumori isolati. Aveva iniziato Giacomelli, che pure fa parte del governo come sottosegretario alle Comunicazioni, esprimendo perplessità sulla nuova tranche di Poste: ieri le ha confermate aggiungendo un riferimento ironico ai «capitani coraggiosi» ovvero alla privatizzazione di Telecom gestita dal governo D'Alema e bersaglio polemico, in questi giorni, anche di Matteo Renzi. Con Giacomelli si era schierato il presidente del Pd Orfini mentre il ministro dei Trasporti Delrio i dubbi li ha espressi e li ha confermati ieri sull'operazione Fs: «Va fatta una riflessione profonda - ha osservato - il servizio universale non lo voglio sottoporre al mercato».

Per Padoan si tratta di timori infondati, perché «le privatizzazioni non tolgono lo Stato dal posto di guida» e quindi non cambiano «obiettivi strategici e priorità». In altre parole non c'è il rischio di conseguenze sull'occupazione o sui servizi per i cittadini. Dunque il Tesoro è intenzionato a procedere con un programma il cui valore è fissato per quest'anno allo 0,5 per cento del Pil, circa 8 miliardi, dopo che lo stesso obiettivo è stato largamente mancato nel 2016: alla fine nel carniere del Mef c'erano introiti da dismissioni pari solo allo 0,1 per cento del Prodotto lordo.

VOLATILITÀ
Il rinvio delle operazioni in cantiere su Poste e Fs, dopo la cessione del 46,6 per cento di Enav e alcuni incassi sul fronte degli immobili, è stato giustificato dallo stesso ministro, qualche giorno fa in Parlamento «a causa dell'elevata volatilità dei mercati». Adesso invece tutte le Borse mondiali sembrano avere il vento in poppa, anche sull'onda delle aspettative per la politica economica degli Usa di Donald Trump e dunque anche per il Tesoro è il momento giusto per tornare in pista.

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