I sindacati bocciano in particolare il piano dell'Eni che prevede la dismissione della chimica e del sito di Gela, una riduzione della capacità di raffinazione e la cessione sia di Saipem che di Gas & Power. «Noi continuiamo ad essere contrari al fatto che l'Eni possa svendere la sua chimica e che possa avere intavolato una trattativa con un fondo, Sk Capital, che non ha i requisiti per rilevare una quota di Versalis», ha detto il segretario generale della Filctem Cgil, Emilio Miceli.
«È in gioco non solo il futuro di Versalis, la società chimica di Eni, e l'indotto ma l'intera filiera produttiva del Paese. È questo che ci preoccupa», afferma è il segretario confederale della Cisl Giuseppe Farina. «La filiera chimica, con la siderurgia e l'alluminio sono essenziali per il sistema industriale e in particolare per quello manifatturiero. Ci preoccupano le prospettive industriali del Paese. L'Italia -evidenzia- è la seconda industria manifatturiera in Europa, la seconda nella chimica. Come si può pensare di svendere? In Germania, che ha la prima industria manufatturiera in Europa, non hanno mai pensato di vendere nè la chimica nè la siderurgia».
L'Italia, aggiunge Farina, «deve scegliere e sostenere il sistema industriale. In gioco è la politica industriale del Paese». Inoltre, il sindacalista chiede il rispetto degli impegni presi dall'Eni due anni fa: «Non è serio dopo due anni improvvisamente sostenere che non ci sono più le risorse e rimettere in discussione gli accordi. Gli impegni vanno rispettati e l'Eni deve completare il suo riposizionamento con la chimica verde». Insomma, conclude Farina, «il governo deve decidere che fare della chimica italiana e svenderla è una opzione sbagliata».
© RIPRODUZIONE RISERVATA