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Irene Montero, ministra spagnola Pari opportunità: «Aiutiamo le donne a staccarsi dal suolo appiccicoso, poi pensiamo al tetto di cristallo»

Articolo riservato agli abbonati
24 Febbraio 2021 di Elena Marisol Brandolini (Lettura 4 minuti)
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Irene Montero è la ministra delle Pari Opportunità del governo spagnolo. Nata a Madrid 33 anni fa, è madre di tre figli piccoli avuti con il compagno Pablo Iglesias, vicepresidente del governo spagnolo. Grazie alle sue battaglie la Spagna ha riconosciuto - per prima - uguali congedi a madri e padri, ha messo la parità di genere al centro del programma di governo e dei piani per la ripartenza. Ed è un Paese in cui Stato si fa sempre più carico del lavoro di cura con aiuti pubblici alle madri perché possano lavorare e avere più tempo per sé stesse.

 Ministra, come concilia il suo ruolo pubblico con la sua vita personale e familiare?

«Il principale debito che questo governo ha contratto in pandemia è con le donne che hanno fatto i salti mortali per conciliare lavoro e cura. Non è facile, provo a farlo con disciplina nei tempi e nei compiti, avvalendomi dei servizi scolastici infantili e dell’aiuto della famiglia e dello staff per organizzare gli orari».

L’epidemia ha reso visibile il lavoro di cura, come fare per non tornare indietro?

«Finora la politica si è occupata del lavoro produttivo. Il lavoro di cura è stato relegato alla sfera privata delle famiglie. La soluzione è fare politiche pubbliche, capire che la cura è un compito imprescindibile per la vita che non tocca alle donne per ragioni “naturali”, ma che va condiviso tra donne e uomini e tra Stato e famiglie. Abbiamo annullato i tagli fatti nel sostegno alle persone non autosufficienti. E abbiamo creato il “Piano corresponsabile”, un piano pilota finanziato dall’amministrazione pubblica, per aiutare le donne con figli minori di 14 anni alla conciliazione, perché possano avere tempo per lavorare o per sé mentre qualcun altro si occupa dei loro figli».

Il governo spagnolo ha anche approvato permessi uguali per madri e padri.

«Per garantire la corresponsabilità e la conciliazione è necessario rafforzare le scuole dell’infanzia pubbliche e gratuite dai zero ai tre anni. E i permessi di maternità e paternità devono essere uguali e non trasferibili per evitare trattamenti discriminatori delle donne sul lavoro. Bisogna perciò creare una rete pubblica per un robusto sistema di cura».

Nel confinamento è aumentata la violenza di genere, come siete intervenuti?

«Nel 2020 si è rafforzata la violenza psicologica. Il mio ministero ha fatto un piano per garantire come essenziali i servizi di protezione alle donne vittime di violenza di genere. Le telefonate al numero antiviolenza sono aumentate fino al 400% e si è molto utilizzato il contatto silenzioso via whatsapp».

Ci parla della legge sulla libertà sessuale?

«In Spagna c’è una legislazione sulla violenza di genere nell’ambito di coppia, ma è necessaria anche una legge che garantisca questa stessa protezione a tutte le donne vittime di violenza. Questo l’obiettivo del progetto di legge di garanzia della libertà sessuale, quello del “solo sì è sì”. Che presuppone un cambiamento di paradigma: se la donna non acconsente alla relazione sessuale in modo esplicito si tratta di violenza sessuale».

Che significa applicare una prospettiva di genere alla ripresa post-pandemica?

«Le donne patiscono un rischio maggiore di non poter accedere ai diritti: sono più esposte alla povertà, le loro retribuzioni sono inferiori, soffrono un maggior pericolo di sfratto. Perciò, al momento di fare politiche pubbliche bisogna avere uno sguardo di genere».

E il Next Generation in Spagna ha questa prospettiva?

«Questo è il nostro impegno. Misure contro gli sfratti o la creazione del minimo vitale beneficiano di più le donne perché sono le più svantaggiate, perciò hanno una prospettiva di genere. Per quanto riguarda i fondi europei, le politiche per le donne sono uno dei principi cardine, sia nell’ambito della digitalizzazione, dove il gap è evidente, che nella lotta contro il cambiamento climatico».

Sul gap salariale avete fatto un accordo con le parti sociali.

«I regolamenti sull’eguaglianza retributiva e lo sviluppo dei piani d’impresa concordati derivano dalla legislazione di pari opportunità. Le lavoratrici e i lavoratori possono così accedere alle informazioni sul salario medio per sesso. E quando la differenza supera il 20% esiste una discriminazione retributiva che va corretta».

A che punto è l’affermazione dell’empowerment?

«La Ue e gli organismi internazionali che promuovono l’eguaglianza tra uomini e donne sostengono che disporre di meccanismi istituzionali di alto livello sia necessario per favorire politiche di pari opportunità. Come ministra però, avendo l’obbligo di garantire i diritti di tutte le donne, trovo che sia più importante aiutarle a scollarsi dal “suolo appiccicoso” che a rompere “il tetto di cristallo”. Perché le donne, nella loro quotidianità, non pensano al “tetto di cristallo” ma al suolo appiccicoso per cui guadagnano una miseria, lavorano part-time, si occupano del lavoro e della cura e non hanno tempo per sé»

Ci parla delle leggi sui diritti delle persone Lgtbiq e trans?

«Fanno parte dell’accordo di governo e hanno come obiettivo quello di garantire i diritti materiali del movimento Lgtbiq e delle persone trans. Il movimento Lgtbiq lotta da anni perché le persone trans non siano trattate come malate e possano esercitare il diritto alla libera determinazione del genere senza passare per un parere medico o una cura ormonale».

 La Spagna è pioniera sui diritti di cittadinanza: qual è il merito del movimento delle donne?

«Il movimento delle donne è in questa fase a livello mondiale quello con maggiore capacità di trasformazione sociale. Avanzare nei diritti delle donne è una cosa buona per tutta l’umanità».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 13:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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