Moda sostenibile/ Valeria Mangani, presidente Sfis: «Da Roma una scossa al settore con Phygital Sustainability expo »

La presidente della Sustainable Fashion Innovation Society presenta l'evento del 5 e 6 luglio ai Mercati di Traiano

Moda sostenibile/ Valeria Mangani, presidente Sfis: «Da Roma una scossa al settore con Phygital Sustainability expo »
di Valentina Venturi
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Mercoledì 28 Giugno 2023, 11:35 - Ultimo aggiornamento: 29 Giugno, 07:21

«Stiamo per assistere ad un cambio epocale, verso un Made in Italy sostenibile; anche la moda deve dare l’esempio e avviare la transizione green».

Questo l’impegno dell’imprenditrice internazionale Valeria Mangani, presidente di Sustainable Fashion Innovation Society, nominata ad aprile 2023 Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana ed esperta del ministro Adolfo Urso al Tavolo Moda delle Imprese e del Made in Italy. «Ogni anno in tutto il pianeta -ha ricordato proprio il ministro durante la presentazione dell’evento - vengono prodotti circa 150 miliardi di capi d’abbigliamento: circa il 20% rimane invenduto, meno dell’1% viene riciclato. Non solo: il settore è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di gas serra». Dati che sono alla base del quarto Phygital sustainability expo, summit sulla sostenibilità nella moda e nel design organizzato a Roma ai Mercati di Traiano il 5 e 6 luglio. Evento che sarà premiato alla Cop28 di Dubai. «È l’unico evento in Italia interamente dedicato alla transizione ecologica del sistema moda e design.

Sarà un’occasione di confronto e dibattito sulla transizione ecosostenibile sul settore manifatturiero, uno dei pilastri dell’economia nazionale. Oltre ad eventi, dibattiti ed esperienze immersive ci sarà la Sfilata Narrata».

Di cosa si tratta?

«È un copyright di Sustainable Fashion Innovation Society. Mentre i capi sfilano, una voce fuori campo li descrive evidenziando gli aspetti di sostenibilità e stimando il carbon footprint. Un’esperienza necessaria per informare il consumatore sull’impatto del fast fashion e spingerlo a comprare meno. Se si avvisa che un cappotto può impattare fino a 9 kg di CO2 si comprende la portata dell’inquinamento».

Nella sfilata saranno presentati per esempio un abito lungo realizzato in Biofeel eleven, un filato 100% bio-based e 100% riciclabile, e una camicia di un cotone biologico, la “Id Shirt” coltivato in Puglia senza alcun uso di prodotti chimici e con musica a frequenze benefiche per la pianta, che ha nei polsini la tecnologia di comunicare tramite Nfc. Ma come nasce il suo amore per l’ambiente?

«Dalle mie origini. Sono nata in Sud Africa e i primi anni di vita li ho trascorsi a Johannesburg. È stato un periodo bellissimo. Quando nasci lì, il “mal d’Africa” ti rimane dentro tutta la vita. Il mio primo paio di scarpe lo misi a tre anni, si viveva in mezzo agli animali. In Africa i ricordi sono molto forti. La mia tata era una donna-medicina Zulu, sono cresciuta con i riti tribali, dove risiede la particolarità dell’Africa».

Il ritorno in Italia l’ha indirizzata verso la moda.

«Dopo la maturità all’American Overseas School of Rome, vengo ammessa a 17 anni alla Parsons School of Design a New York, eppure Roma è nel cuore. Torno in Italia e mi iscrivo all’Istituto Europeo di Design (IED) con degree in Fashion Design. Ero circondata da eccellenze come Stefano Ricci e Cappabianca, da studenti quali Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli. Stimoli ovunque. Intanto il mal d’Africa mi spingeva verso il concetto di moda etica».

Dal 2009 al 2015 è stata vicepresidente di Altaroma. Anni proficui?

«Ho creato una connessione con le donne africane, la loro speciale manualità sartoriale e i Gala di Vogue. Penso alla deliziosa Stella Jean. La conosco tramite l’ambasciatrice di Haiti. Ne colgo le potenzialità tanto che vince il concorso di AltaRoma e Vogue Italia Who’s on next?. Da quel momento Jean si accredita a livello internazionale, facendo del multiculturalismo, della sostenibilità e della tracciabilità etica della filiera della moda la sua cifra».

Come fonda l’associazione Sustainable Fashion Innovation Society, in supporto delle PMI e degli artigiani?

«Ho ascoltato la voce degli stilisti e sono diventata un punto di riferimento per sostenibilità ed etica. In quegli anni in Italia nessuno si occupava di temi del genere. I miei ragazzi nascevano sostenibili e virtuosi ma erano piccoli brand, da valorizzare. Come Opera Campi di Parma che ora ha cinque brevetti per la realizzazione della prima canapa elasticizzata e con Zero Sweater produce la prima maglieria in canapa non tinta al 100% e carbon negative per tutto il suo ciclo di vita produttivo. Ora abbiamo 2300 brand e manifatturieri. Abbiamo ideato delle jont venture per uno scambio virtuoso. Come tre anni fa quando il brand pugliese “Made in Carcere” vinse il bando di Ferrovie dello Stato con un gadget innovativo e sostenibile creato con scampoli. Vinse l’aspetto sociale del doppio riscatto delle donne e della seconda vita del tessuto».

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