Superstar
di Gloria Satta

Manfredi e Troisi, l'Italia della commedia ricorda due giganti

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Martedì 3 Giugno 2014, 12:10
Nino Manfredi e Massimo Troisi se ne sono andati nello stesso giorno, il 4 giugno, a dieci anni di distanza: nel 1994 Massimo, nel 2004 Nino. Entrambi sono stati personaggi di grande successo e hanno lasciato il segno nel cinema italiano. Nino è stato, con Sordi, Tognazzi e Gassman, uno dei “colonnelli” della commedia nazionale. Massimo, che “esplose” negli anni Ottanta, verrà ricordato tra i “nuovi comici” accanto a Verdone, Nuti, Nichetti (e secondo qualcuno anche Moretti, che all’epoca faceva ridere). Manfredi, eroe di tante tragicommedie, ha regalato alle sue interpretazioni una grande dose di umanità collocandosi nell’Italia del boom economico, affrontando temi universali come la religione e l’emigrazione. Troisi ha avuto il merito di reinventare la napoletanità sfuggendo agli stereotipi: niente più pizza e mandolini, basta con i personaggi furbi o malandrini. Il Troisi cinematografico appartiene alla generazione del post-terremoto, si confronta con donne emancipate e viaggia per fare esperienze, non per cercare lavoro. Ho conosciuto sia Nino sia Massimo. Il prima era un uomo carismatico, spesso malinconico, incuriosito dai massimi sistemi (la vita, la morte, l’aldilà…) sebbene si professasse non credente. Era orgoglioso delle sue origini ciociare e aveva molto gusto, come dimostrava la sua bellissima casa disegnata da grandi architetti. Fuori dal set, Troisi era una persona schiva che cercava tenacemente di proteggersi dalla banalità e dalla volgarità del successo. Si faceva vedere in giro pochissimo, evitava le dichiarazioni da “tuttologo” che ahimé noi giornalisti siamo sempre pronti a estorcere ai personaggi famosi. Viveva in una casa elegantissima e fin troppo austera che faceva pensare più a un notaio che a un comico di successo. Li rimpiango entrambi e penso alle loro prove migliori: “Per grazia ricevuta”, l’autobiografico film di Manfredi; l’innovativo “Ricomincio da tre” di Troisi. E per voi, cosa hanno significato questi due giganti della commedia italiana? In quale film li avete apprezzati di più? E soprattutto: vedete in giro loro eredi?
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