Ogni giorno, a Cannes, il “tema del giorno” è in primo piano: ieri la marcia delle 82 esponenti del cinema che rappresentavano gli altrettanti film diretti da registe invitati al Festival, contro i 1.688 diretti dagli uomini. Oggi e domani, fino alla fine di questa edizione, sono in programma convegni, tavole rotonde, proclami.
E’ stato istituito perfino un numero verde contro le molestie, attivo nelle due settimane della kermesse cinematografica. E, pare, stanno chiamando in tante. Insomma, si respira una lodevole aria del tempo che tiene sveglie le coscienze e sottolinea la perdurante diseguaglianza, al fine di superarla.
In questo clima, c’è già chi profetizza una Palma d’oro femminile, cioè assegnata assegnata a una delle tre registe (su 21) in lizza quest’anno: la francese Eva Husson con il film “Les filles du soleil”, la libanese Nadine Labaki con “Capharnaüm”, la nostra Alice Rohrwacher con “Lazzaro felice”.
Sarebbe molto bello che, nell’anno della riscossa,a vincere fosse una donna. Ma a condizione che il suo film sia davvero il migliore della competizione. Le quote rosa, che molti (ma non tutti) considerano un “male necessario” per superare le diseguaglianze di genere nel campo del lavoro, non si possono, non si devono applicare alla creazione artistica. E meno che mai a Cannes: una Palma d’oro data a una donna per “motivi politici” e non per merito, toglierebbe forza e credibilità alla sacrosanta battaglia per l’eguaglianza che sta coinvolgendo il mondo intero.
© RIPRODUZIONE RISERVATA