Forme di Gmi, pur se variamente modulate, esistono più o meno in tutta Europa. Il nodo fondamentale, al di là delle considerazioni di fattibilità finanziaria, si può riassumere in una domanda semplice: come evitare che il reddito di cittadinanza diventi un disincentivo al lavoro, visto che la disoccupazione è tra le principali cause di povertà? Una condizione necessaria, ma non sufficiente, è l'esistenza di un funzionante sistema di collocamento e intermediazione del lavoro. Su questo aspetto il nostro Paese è debole: comprensibilmente il governo sta tentando di intervenire ma per ora la Scandinavia è lontana.
C'è poi un'altra peculiarità italiana con cui fare i conti: l'alta incidenza dell'economia sommersa. Poniamo che un cittadino percepisca 1000 euro al mese in nero, e riesca ad aggiungervi i 780 di reddito di cittadinanza. Per raggiungere questo importo netto, dovrebbe avere una retribuzione regolare di circa 2.700 euro lordi, senza contare l'ulteriore costo del lavoro per l'azienda. Il che, se da una parte è un argomento a favore della riduzione del prelievo fiscale sugli stipendi, dall'altra potrebbe rendere la permanenza nel sommerso l'unica prospettiva realistica. Con tanti saluti alla pensione futura.
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