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di Luca Cifoni

Numeri sull'occupazione: maneggiare con cura

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Venerdì 28 Novembre 2014, 15:58
Siccome il lavoro è un tema a cui sono giustamente ipersensibili gli elettori di tutto il mondo, è abbastanza normale che i politici, quando ne hanno la possibilità, cerchino di usare le statistiche in materia per difendere il proprio operato ed anche promuovere la propria imagine. Lo ha fatto Obama negli Stati Uniti rivendicando il notevole calo della disoccupazione: un andamento reale che però non gli ha portato particolarmente fortuna nelle ultime elezioni di medio termine.

In Italia, dove da anni le cifre sono sconfortanti, il presidente del Consiglio Renzi ha provato ad evidenziare qualche aspetto positivo. Ha scelto di mettere l'accento sugli occupati più che sul tasso di disoccupazione -approccio senz'altro ragionevole - e con una piccola astuzia tutto sommato comprensibile ha preso come riferimento il mese di aprile in cui il numero di persone al lavoro pareva aver toccato il punto più basso: così ha potuto registrare da aprile a settembre un incremento di 153 mila unità.

Poi però l'Istat ha diffuso i dati mensili relativi ad ottobre e contemporaneamente quelli trimestrali sul terzo trimestre dell'anno. Tra settembre e ottobre il numero degli occupati è tornato a calare e per di più sono stati leggermente rivisti (come capita con le statistiche) anche i valori dei mesi precedenti. Risultato: il progresso rispetto ad aprile si è ridimensionato a 49 mila unità. Il premier ha comunque continuato a parlare di "100 mila posti di lavoro in più da quando ci siamo noi"; alludeva forse a un diverso dato Istat, il +122 mila occupati trimestrali che però si riferisce al terzo trimestre 2013, ossia l'estate scorsa. Quando c'era un altro governo.

Nella stessa giornata erano arrivati altri numeri: quelli relativi alle comunicazioni obbligatorie dei nuovi rapporti di lavoro, sempre del terzo trimestre. Sono dati diversi perché derivano da un adempimento amministrativo conseguente alla stipula di un nuovo contratto, mentre quelli Istat sono ottenuti sulla base di un'indagine campionaria. Ne emerge un incremento dei rapporti a tempo indeterminato (+7,1 per cento) che il governo attribuisce all'efficacia del provvedimento adottato in primavera, il cosiddetto decreto Poletti. Attenzione però: i 400 mila nuovi contratti di cui si parla non sono posti aggiunttivi, perché vanno confrontati con un numero sostanzialmente analogo di cessazioni.

Ci si potrebbe domandare poi perché il ministero del Lavoro abbia diffuso di buon mattino le sue cifre come "anticipazione" rispetto alla scadenza prevista del 4 dicembre. La risposta, a voler pensare male e quindi con buone possibilità di azzeccare, è scontata: perché sapeva che sarebbero arrivati dati Istat non positivi.

P.S. 3 dicembre. Oggi il ministero del Lavoro ha diffuso i dati completi sulle comunicazioni obbligatorie (erano annunciati per un inesistente "mercoledì 4 dicembre"). Emerge tra l'altro che nel terzo trimestre a fronte di 401 mila nuovi contratti a tempo indeterminato, ci sono state 483 mila cessazioni. Il saldo è quindi negativo per circa 82 mila unità: un particolare che poteva essere specificato subito.

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