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di Luca Cifoni

Il ritardo digitale della Pa: chi fa da sé non fa per tre

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Venerdì 22 Novembre 2013, 17:36 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 07:53
La prima ragione è intuitiva, quasi scontata: se la pubblica amministrazione italiana è in ritardo nel processo di digitalizzazione, molto dipende dal livello della spesa, in costante calo negli ultimi anni per i noti vincoli finanziari imposti alle amministrazioni, come risulta dai dati dell'Osservatorio Assinform: la riduzione media annua è stata intorno al 3 per cento tra il 2007 e il 2013. Va in senso contrario solo il settore della sanità.

Ma c'è un altro fattore che incide in modo negativo: la tendenza delle varie amministrazioni a muoversi per conto proprio, in ordine sparso. Gli enti della pbblica amministrazione centrale nel 58 per cento dei casi non hanno basi dati integrate con altri enti dell stesso livello, mentre nel 90 per cento dei casi non c'è integrazione con le pubbliche amministrazioni locali. I data center sono 4.000 su tutto il territorio nazionale, il che porta a sprecare tempo e risorse perché da una parte ci sono molti doppioni, dall'altra è difficile comunicare usando lingue diverse. La frammentazione è elevata persino all'interno delle stesse amministrazioni.

Si tratta di un limite ben noto sul quale si ripromette di intervenire il programma Agenda digitale, che ha tra i suoi primi obiettivi la creazione dell'anagrafe unica della PA. Il principio sulla carta è semplice: un cittadino può interagire con la pubblica amministrazione come contribuente, come lavoratore o pensionato, come residente in un Comune, ma è sempre lo stesso cittadino. Se tutto va bene, diventerà realtà tra un annetto.
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