Questo stato di cose, a differenza della disoccupazione propriamente detta, è una peculiarità italiana. Il numero relativo al nostro Paese vale da solo un terzo del totale di coloro che nell'intera Unione europea vengono così classificati in sede di indagine sulla forza lavoro. In Germania, tanto per dare un termine di paragone, gli inattivi disponibili a lavorare sono poco più di 500 mila.
L'anomalia viene ragionevolmente interpretata come un indicatore del malfunzionamento del mercato del lavoro, che da noi non solo non è in grado di assicurare a chi la cerca un'occupazione effettiva, ma non spinge nemmeno a darsi da fare per cercarla. Anche i dati storici sembrano avallare l'ipotesi di un difetto strutturale: il numero degli inattivi disponibili a lavorare è cresciuto con la grande recessione, ma ad un ritmo contenuto: nel 2007 erano già oltre due milioni e mezzo.
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