La polenta, il pane, l'olio: erano proprio dei buongustai questi antichi romani

L'archeocuoca Cristina Conte al Castello di S. Severa mentre prepara i piatti degli antichi romani (Foto Giobbi)
di Andrea Benedetti Michelangeli
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Martedì 20 Novembre 2018, 13:20
I primi veri "Polentoni"? Gli antichi romani. Sì, proprio loro. Incredibile ma vero. Già, perché dalla Fondazione di quella che poi è diventata la “Città Eterna” fino al periodo d’oro dell’Impero, nei primi secoli dopo Cristo, il cibo
prediletto dai nostri antenati era proprio la polenta. Di farro per la precisione (da cui poi la parola farina estesa a tutte le polveri ricavate dalle granaglie), visto che la produzione di questo cereale era diffusissima ed era la base delle pietanze giornaliere degli antichi romani. Una sorta di sostanzioso piatto unico si potrebbe dire oggi (loro infatti lo chiamavano “satura”), arricchito da molti vegetali, formaggio e, quando lo status sociale lo permetteva, anche da carne e pesce.

LE ABITUDINI DI UNA VOLTA
Questa e tante altre curiosità, aneddoti e ricette, il tutto basato su serissime ricerche storiche, è contenuto nel libro “A tavola con gli antichi romani” scritto da Giorgio Franchetti,  esperto di storia romana, in collaborazione con l’archeocuoca Cristina Conte, che ha curato la parte culinaria. Archeocuoca che, nella presentazione del volume avvenuta domenica mattina nella Sala della Legnaia al Castello di Santa Severa, ha preparato alcuni dei piatti narrati (apprezatissimi nel buffet finale che è stato “spolverato” in pochi minuti), peraltro vestendo gli opportuni panni della matrona romana. 

Un appuntamento interessante e insieme divertente, capace di rivelare nozioni poco conosciute ai più sulle abitudini alimentari degli antichi romani, i gusti, l’evoluzione delle loro tavole, andata di pari passo con la scoperta di cibi o magari con il diverso uso di prodotti già noti, legati all’enorme espansione dell’Impero in Europa e Nord Africa.

PRODOTTI TARDIVI
E’ il caso delle olive e dell’olio. I nostri avi già coltivavano la pianta e ne producevano il prezioso liquido, ma inizialmente lo utilizzavano per consacrarlo agli dei (come la carne bovina, solo a Impero maturo elevata a pietanza). Poi, con lo sbarco in Magna Grecia, dove l’olio era di qualità eccelsa e usato per condire, anche i romani si convertirono rapidamente. Anzi, per cucinare da allora utilizzarono solo olio d’oliva e per condire quello di qualità migliore, tanto che negli anni la produzione si diversificò: l’Ex albes ulivi, il più pregiato, ottenuto da olive verde chiaro, fu riservato ai patrizi; il Cibarium, ottenuto da olive marcite o bacate, fu destinato agli schiavi. Ma anche il pane arrivò tardi sulle tavole dei romani. E fu scoperto per caso, sostiene Franchetti. Qualcuno lasciò per sbaglio «l’impasto in un luogo caldo e buio. Questo fermentò e prese un sapore acido. Venne comunque messo nel forno e il risultato fu strabiliante: un pane morbido e più digeribile». E nel tempo “fiorirono” i tipi di pane: ne furono prodotti a decine, per ogni gusto, ogni occasione, ogni tasca. E anche come scorta. Ad esempio i militari sulle navi ne portavano uno duro, che però tornava tenerissimo una volta inzuppato nell’acqua o nel latte. Unasorta di “panbiscotto”.

I FAST FOOD
Usi e costumi alimentari che ritroviamo ancora oggi, naturalmente evoluti. Tra quelli che non si aspetterebbe, anche veri e propri “fast food” arcaici, negozi che si affacciavano sulle vie principali e attiravano i viandanti all’ora del prandium (il pranzo), che i romani usavano consumare velocemente, mentre la coena, che si celebrava la sera, era il pasto principale e riuniva tutta la famiglia. Curiosità, aneddoti, storia dell’aspetto fondamentale di un popolo. Perché sedersi a tavola e avere qualche conoscenza in più su cosa si mangia, sulle origini dei piatti, sul loro sviluppo attraverso i secoli, rende i cibi ancor più gustosi. E perché il cibo è cultura. Soprattutto in Italia. Soprattutto a Roma e dintorni.
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